Category Archives: Generazione che sale

Lettera al mio fantasma. Piccola epopea dell’Assenza,

In questo piccolo libro Saba Anglana, artista italosomala, si cimenta per la prima volta nella scrittura in prosa, dopo aver sperimentato vari linguaggi nel corso della sua esperienza artistica [1]. Il testo è introdotto da una prefazione intitolata “muta liturgia dell’essenziale” di Paolo Mottana e si conclude con una breve “biobibliografia” riguardante l’autrice.

Il protagonista dell’opera è un fantasma, che sorprende la scrittrice sempre nel primo pomeriggio, cioè nel momento della giornata in cui i riflessi lentamente si attenuano e l’attenzione progressivamente cala. Con questo fantasma l’autrice intesse un dialogo fitto, a tratti melanconico, che la porta sempre a interrogarsi su se stessa, sul suo passato, ma anche sul presente che vive e la circonda. Tuttavia il fantasma è anche assenza, poiché è la proiezione della mancanza di una persona cara e amata che ha fatto parte della vita della scrittrice e con la quale ha l’esigenza...

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Un anno e un giorno

Il romanzo in questione appartiene al genere diaristico. Modelli precedenti significativi sono ad esempio Le confessioni di Sant‘Agostino, oppure lo  oppure molto più recentemente   I diari di Anna Frank.  Quando ci si pone di fronte a testi di questo genere avviene quasi immediata la tentazione di confondere ed assimilare l’autore con il narratore che in ogni testo narrativo sono elementi completamente distinti. L’autore è una persona in carne ed ossa che si muove, pensa, agisce, il narratore è invece un qualcosa di staccato dall’autore che è il responsabile della scrittura, della scelta di fatti ed episodi da porre sulla carta o su un quaderno o su un file, come potrebbe essere oggi nella piena era informatica.
Ribadisco questo aspetto perché mi preme sottolineare che nell’operazione di scrittura che fa, il narratore costruisce un personaggio ideale, che nella realtà non esiste. A noi  sembra di leggere qualcosa di inerente...

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La giusta dose

(…) La vecchia signora non riusciva a dormire,
faceva i conti con il proprio numero periodico,
forse rendendosi conto adesso, di fronte a una notte angolosa,
che vivere è dividere numeri primi tra loro. (…)

Julio Monteiro Martins – L’Amore Scritto

La giusta dose

In campagna la notte è più nera.
Nemmeno la luna adesso.
Una civetta canta.
Una vecchia conta.
Non hanno sonno.

Anna, Livia, Carlo del Bardo, Milvia, Alberto, Primino, Assunta. Quelli che stavano al Cerageto. Tutti morti.

La mia maestra, Licia Consoli. Aristide, Maria, Miretta, Alcide che andò in America. Costanza. Mario. I miei compagni di scuola.

Dino il prete che gli garbavano i maschi. Oreste il fascista. Mia madre e il suo alito di cipolla. Marta col labbro leporino. Lo zio Beppe. Il castagno davanti casa. Il cane-pecora che era di tutti.

Il caffè è una tregua. Una pausa che ci concediamo, da soli, o in compagnia, nel turbinio delle incombenze quotidiane. Canta Mahmud Darwish in una sua poesia: “Voglio l’odore del caffè. Voglio cinque minuti. Voglio cinque minuti di tregua per il caffè.”

La mia tregua è iniziata a 24 anni. Prima, c’era solo un odore fastidioso in cucina quando la moka emetteva il suo borbottio, che il mio stomaco adolescente mal sopportava. A 24 anni è arrivato il primo lavoro, il pranzo in mensa con i colleghi, e il rito del caffè dopo pranzo. Accompagnavo i colleghi al bar accanto, e restavo senza bere nulla. Impossibile continuare a osservare a lungo: un giorno ho ceduto al caffè. E ho scoperto che mi piaceva. Parecchio. Oggi, 20 anni e molti caffè dopo, appena...

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Sotto l’Arengario

racconto di Clementina Coppini

Emma non amava parlare in pubblico, o forse sì. Dipingeva. L’avevano invitata come esperta d’arte in quella sala in centro dove organizzano eventi interessanti. Quella volta però si trattava di un incontro noioso con pochissima gente. Ovvio, altrimenti non avrebbero chiamato lei.
Pietro alla fine si era avvicinato. Si era presentato e le aveva detto che era innamorato dei suoi lavori. Non aveva detto proprio innamorato, ma si capiva che lo era. Era innamorato dei suoi quadri e ora anche di lei. Emma l’aveva capito subito. Lui era elegante, profumato e ben educato. Le piacevano gli uomini in giacca e cravatta che sapevano di Dior, ma lui non l’aveva colpita più di tanto.
Si ricordava di avere avuto un aspetto migliore, ma ora stava appassendo e l’età l’aveva liberata infine dagli sguardi degli uomini. Pietro era arrivato davvero troppo tardi.
Prima...

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Let’s get together and feel #primalepersone

No, eh, lo capisco, il ristorante nel piacentino, gli amici... no io ci sono andata in manifestazione. Davvero bello, sì sì, ti dico, ci voleva. Avevo bisogno di vedere tutta quella gente. Il clima che c'è nei social mi stava soffocando e anche nei posti pubblici, tipo nella sala d'aspetto del veterinario e persino alla sfilata del Capodanno cinese c'era gente che parlava bene di Salvini.

E alzano tutti la voce per far sentire a quelli che han vicino. Già, no, secondo me lo fanno per fare in modo che anche altri si indignino come loro, cercano un coro. Cercano il gruppo che li rassicuri. Fanno paura. Com'è che stai stellina? Cosa urli a fare questa roba vergognosa? No, non gli ho detto proprio così. Beh, comunque anch'io ho bisogno del gruppo e oggi il gregge era proprio grosso.

La casa editrice di Belgrado Ultimatum ha pubblicato l'ultimo romanzo di Božidar Stanišić, titolato "Žirafa u Čekaonici/La giraffa in sala d'aspetto". Su concessione dell'autore, la traduzione di un capitolo. Il romanzo sarà pubblicato tradotto in Italia a fine marzo con la casa editrice Bottega Errante di Pordenone

26/02/2019 

(Tratto dal tredicesimo capitolo del libro "Žirafa u

Čekaonici", Ultimatum.rs  , pp.267, 2018)

Klara, mia coetanea. Con i genitori era arrivata da Osijek quel tardo autunno, l’ultimo di pace in Bosnia, in casa di sua zia Mara, la nostra prima vicina. Attraverso la recinzione, scuotendo i ricci dei suoi lunghi capelli biondi, mi diceva che lei là – e quel suo  era dove avevano una bella casa, un giardino e un grande frutteto – aveva una bicicletta, rossa come una fragola. Aprivo il cancelletto nello steccato che conduceva nell’orto e nel cortile di sua zia e la invitavo a provare il mio monopattino, ma lei rimaneva dalla sua parte ripetendo che...

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Dimentica chi sono

Griselda Doka, Dimentica chi sono, FaraEditore 2018
raffaele taddeo

Le poesie della silloge Dimentica chi sono possono dirsi composte da continui ed intensi lampeggiamenti .  La cifra significativa della loro espressione poetica riguarda  il disagio che si esprime in consapevolezza della disarmonia dell’essere e del  cigolio che la propria persona  manifesta  con la propria presenza per altro  nella percezione di una instabilità di identità spesso ignote.   E’ quella di Griselda Doka una poesia visiva spesso anche scenografica dove però si ritrova l’importanza della parola che travolge, oltraggia, spiazza.
Una analisi attenta della silloge non può fare a meno di considerare le citazioni come indizi della linea di comprensione del dato poetico.  Una prima citazione è già nella prima poesia: il mio Sud. Sembra una citazione dello scrittore della primissima letteratura della migrazione e cioè di Salah Methnani nel suo libro...

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Pap Khouma – editoriale

Le vie del vento. Cari lettori, la nostra rivista, il nostro vento Ghibli si presenterà, soffierà, in una diversa veste grafica a partire da questo numero. Abbiamo cercato di adeguare l’accesso alle varie funzioni e alle rubriche all'evolversi delle tecnologie informatiche, senza pertanto venire meno ai nostri principi per quanto riguarda  contenuti e funzionalità. E tutto questo ha richiesto un lavoro complesso che ci ha costretto a spostare la data dell’uscita prevista al 15 marzo al mese di aprile. Ci scusiamo per questo ritardo
I venti del Sahara, Ghibli o i tanti venti di questo sterminato deserto, quando soffiano, possono evolvere in sensi inattesi, cambiare rotta repentinamente, perdersi nei mari o nei cieli, quietarsi all’improvviso, mescolarsi tra venti, come se fossero amplessi carnali  e, liberi e ribelli, possono riprendere a soffiare singolarmente o meticciati, rasserenanti o devastanti oltre confini nuovi.  E’ tanto  vero che i venti del Sahara migrano sulla...
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