Tu chiamaci perfetti sconosciuti se hai il coraggio è ufficialmente una raccolta di poesie, scritte da Duska Kovacevic. Del resto è con questa forma che ha vinto il primo premio del concorso Creatività infinita, sezione poesia, indetto dalla Temperino rosso edizioni, ma che ha ben poco della raccolta, nel senso in cui si possa pensare ad una raccolta di poesie, scritte magari in tempi e con “umori” diversi; e invece ha molto di un libro che vive di tutte le sue parti, di tutti i suoi fogli, come se fossero i suoi figli: un tutt’uno.
Un tutt’uno che però possiede come soggetto la diversità, quella di due persone che si cercano, si toccano, si vedono, si sognano. È l’amore che regna in queste pagine, l’amore d’Eros, quello non molto dissimile, almeno nella sua apparizione ideale, al “Mito delle due metà”, il mito raccontato nel Simposio platonico da Aristofane, per cui l’uomo, che originariamente era composto da due entità, viene, per depotenziare la sua arroganza, diviso in due dal dio, ma che continua nonostante ciò a ricercare la sua metà originaria, quella che non gli appartiene più, ma che continua tuttavia a desiderare.
Del resto c’è molta grecità nella poesia della nostra Autrice, e anche romanità. Catullo ad esempio. Nei suoi versi vi è persino Michelangelo, che più greco di lui, nonostante non lo fosse, non ce n’è. La sua sembra una poesia ancora pagana, una poesia non ancora intaccata dal risentimento cristiano, dalla morale e in un certo senso dal moralismo cristiano, da concetti come il peccato, la compassione, il perdono… Di tutto ciò nei suoi versi non v’è traccia. La sua è una poesia che dialoga direttamente con i sensi, prima che con i concetti, è qui la sua freschezza.
In quel tutt’uno come due metà che Duska mette in scena, c’è un ragno che scruta la sua preda, ma che per converso è anche preda che scruta il suo ragno. C’è sempre una bella distanza tra i due, una distanza indispensabile perché il soggetto non si fonda con il proprio oggetto, con il rischio che entrambi divengano patetici, ossia riducano il loro raccontarsi a un dire che non ha più nulla da dire.
La sua poetica, perché tutti i poeti devono averla una poetica, altrimenti come vivrebbe la critica letteraria, si può ritrovare in questa strofa:
“Forse, un giorno,
vedrai i miei occhi e scorgerai l’infinito
E comprenderai tutta la caducità
di parole scelte con cura”
Parole che vanno a segno sono le sue parole, che non si attardano in giochi formali privi di un loro proprio sentire.
Nei momenti di difficoltà Duska ricorda quando una volta le è stato detto: “Se decidi di seguire i tuoi sogni costa, se decidi di non farlo, costa. Scegli tu cosa vuoi pagare.”
Come non si vive di poesia, viverne senza, probabilmente, è come vivere solo a metà.
Pubblicato su Culture- creative
Recensione di DI ATTILIO FORTINI · PUBBLICATO 17 DICEMBRE 2017 ·