Recensioni

Figli dello stesso cielo. Il razzismo e il colonialismo raccontati ai ragazzi

Scritto da Michele Pandolfo

L’ultima fatica letteraria della scrittrice Igiaba Scego si intitola Figli dello stesso cielo. Il razzismo e il colonialismo raccontati ai ragazzi ed è edita dalla casa editrice milanese Piemme.

Questo libro è nato e pensato per raccontare ai giovani ragazzi e ragazze la storia del colonialismo italiano in Africa e di come quella triste pagina, a lungo celata e negata, abbia avuto ripercussioni sull’evoluzione della nostra società, soprattutto nei confronti dei tanti cittadini italiani di origine africana e di tutti quelli che dall’Africa giungono per cercare una nuova casa in Europa. [1]

Come si richiama nella nota bibliografica a piè di pagina, non è la prima volta che l’autrice si cimenta con testi dedicati ai più giovani, ma ora lo fa, a mio avviso, con un intento più diretto, che è educativo e di formazione rispetto al mero piacere narrativo. Questo avvicinamento verso un pubblico più giovane si inserisce in un percorso letterario quasi ventennale che ha visto il nome di Igiaba Scego uscire dalla ristretta cerchia della scrittura postcoloniale per far conoscere la propria voce a una parte consistente dell’opinione pubblica, anche grazie ai suoi numerosi interventi culturali diffusi attraverso i nuovi canali di comunicazione e informazione. Questo allargamento di pubblico testimonia ormai l’eterogeneità e la versatilità della scrittura di questa autrice.

Come si evince già dal titolo, questo nuovo libro nasce dalla volontà di voler spiegare ai giovani italiani le tappe più importanti del colonialismo italiano in Africa, specialmente nel Corno, che ancora troppo spesso non trovano spazio nelle programmazioni disciplinari o nei vari progetti che si propongono nelle scuole di ogni ordine e grado. Anche per questa ragione il testo si presenta in un formato grafico essenziale, con una scrittura lineare e un linguaggio semplice; a volte sono inserite delle digressioni esplicative nel corso delle pagine, con date ed eventi storici importanti.

L’espediente narrativo utilizzato dalla scrittrice per comporre e tessere la trama del suo racconto è originale: la stessa autrice infatti immagina di parlare nei suoi sogni notturni con il nonno paterno, Omar Scego, il quale era vissuto a cavallo tra l’Ottocento e il Novecento. Questo personaggio quasi leggendario, sia agli occhi dell’autrice sia a quelli del lettore, ricorda lucidamente l’inizio del colonialismo italiano in Somalia e lo descrive in brevi episodi alla nipote. In ogni sogno i due personaggi comunicano tra di loro e, dal racconto del nonno, emergono dei frammenti di storia personale, nei quali la giovane Igiaba riconosce delle cronache della sua famiglia, che le erano state tramandate dai genitori, in particolare dal padre.

Attraverso le parole del nonno quindi, si ricostruisce una parte della storia italiana in Africa, dall’Ottocento alla guerra d’Etiopia, dalla sconfitta nella Seconda guerra mondiale al ritorno degli italiani in Somalia con l’Amministrazione fiduciaria (Afis). Questa parte storico-didattica ha la finalità di trasmettere ai giovani lettori delle informazioni e dei contenuti che altrimenti stenterebbero a conoscere. D’altro canto, la parte relativa alle varie vicende familiari serve più alla scrittrice per far rivivere nel proprio immaginario la figura del nonno, mai conosciuto di persona, ma sempre vissuto attraverso le parole e i racconti dei suoi familiari.

È una trama che viaggia su un doppio binario parallelo, in cui scorrono vicine la grande storia, quella coloniale, poco conosciuta dai giovani e poco studiata a scuola, e la storia di una famiglia somala che valica con profonda sofferenza il Novecento, un secolo difficile e pieno di tragedie, sia pubbliche che private. La figura del nonno attraversa molti decenni e le sue parole descrivono la parabola ascendente di una personalità che vuole emergere nel contesto sociale del proprio paese. Una volta lasciata la sua città Brava e arrivato a Mogadiscio, il nonno soffre, ma poi trova la propria strada e diventa un interprete professionista per gli italiani. In seguito si trasferisce in Etiopia, appena conquistata dal regime fascista, dove si rende finalmente conto del vero volto dei nuovi occupanti e del loro dominio, repressivo e brutale. La lezione di vita del nonno Omar è chiara: il colonizzatore bianco è sempre l’europeo che, accompagnato dal suo convinto sguardo di superiorità, va in Africa al fine di depredarla delle sue ricchezze e delle sue risorse, anche e soprattutto umane. E’ soltanto lentamente, nel corso degli anni, che Omar Scego si rende conto di essere stato anche lui sfruttato dai suoi padroni italiani. Questa consapevolezza costituirà per lui una sorta di rivelazione.

L’intento della pubblicazione è quella però di arrivare a spiegare il razzismo dei giorni nostri, passando attraverso gli anni dell’odio e delle leggi razziali, cioè gli anni Trenta e Quaranta del Novecento; significativo è l’incontro tra Omar Scego e Lia Levi, all’epoca bambina, a Roma nel 1938. Le considerazioni finali a cui giunge il nonno rispetto alla questione coloniale sono speculari a quelle che emergono oggi dai pensieri della nipote Igiaba: da alcuni anni milioni di persone cercano di venire in Europa perché essa è vista come la terra del benessere e della sicurezza, un continente ricco di risorse, mezzi e opportunità. Essi praticano la stessa strada, ma inversa, che un tempo gli europei conquistatori e colonizzatori percorrevano alla tormentata ricerca di ricchezze di vario genere. Il cammino e la rotta sono gli stessi, ma il senso di marcia è disperatamente invertito e il percorso è sempre più ricco di ostacoli pericolosi, spesso mortali.

Dopo un’interessante riflessione sull’attuale questione valoriale dei monumenti storici che dovrebbero essere «risignificati» [2], la scrittrice conclude il suo pensiero sostenendo quanto segue:

“Ecco perché è importante conoscere la storia del colonialismo. Perché non è ancorata al passato, ma ha conseguenze nel presente. Le migrazioni di oggi seguono le linee coloniali del passato. Noi (nel senso di migranti, figli di migranti) siamo qui, perché voi (inteso non voi voi, ma l’Europa, l’Occidente) siete stati lì, in Africa a spartirvela. E quel stare lì dell’Europa ha significato per molte terre essere condannate alla povertà perenne, causata dal colonialismo di ieri che ha depredato risorse (e schiavizzato popoli) e dal neocolonialismo che con modalità differenti depreda le risorse di oggi.

La storia del colonialismo e la storia della nostra contemporaneità sono intimamente legate.

E questo va ricordato.” [3]

Il testo presenta una dedica iniziale nella quale, oltre al padre, l’autrice ringrazia Angelo Del Boca (1925-2021), storico del colonialismo italiano recentemente scomparso, che con il suo importantissimo contributo ha fatto riemergere dagli archivi una parte della storia italiana rimasta celata per decenni. Infine il testo termina con i consueti ringraziamenti finali.


[1] La produzione letteraria di Igiaba Scego inizia nel 2003 quando pubblica, per la casa editrice Sinnos, un testo per ragazzi dal titolo La nomade che amava Alfred Hitchcock. Nel 2004, presso la stessa casa editrice, pubblica il suo primo romanzo Rhoda. Altri suoi testi sono presenti nelle raccolte Allattati dalla lupa (Sinnos 2005), Italiani per vocazione (Cadmo 2005), Pecore Nere (Laterza 2005) e Amori bicolori (Laterza 2007). Nel 2007 cura il testo Quando nasci è una roulette. Giovani figli di migranti si raccontano per la casa editrice Terre di mezzo. L’anno seguente pubblica il romanzo Oltre Babilonia (Donzelli 2008). Nel 2010 esce il memoir dal titolo La mia casa è dove sono per l’editore Rizzoli. Lo stesso testo è diffuso in edizione scolastica nel 2012 dall’editore Loescher. In seguito escono Roma negata. Percorsi postcoloniali nella città (Ediesse 2014) e Caetano Veloso. Camminando controvento (add editore 2014). L’anno seguente pubblica il romanzo Adua (Giunti 2015). Due anni più tardi scrive la favola Prestami le ali. Storia di Clara la rinoceronte (Rrose Sélavy 2017). Nel 2018 cura la raccolta Anche superman era un rifugiato. Storie vere di coraggio per un mondo migliore (Piemme 2018). L’ultimo suo romanzo è La linea del colore (Bompiani 2020).

[2] Igiaba Scego, Figli dello stesso cielo. Il razzismo e il colonialismo raccontati ai ragazzi, Milano, Piemme, 2021, p. 188.

[3] Igiaba Scego, Figli dello stesso cielo. Il razzismo e il colonialismo raccontati ai ragazzi, cit., pp. 188-189.

L'autore

Michele Pandolfo

Michele Pandolfo ha conseguito la laurea specialistica in Filologia moderna presso l’Università degli Studi di Trieste e il titolo di dottore di ricerca in Storia: culture e strutture delle aree di frontiera presso l’Università degli Studi di Udine. Le sue ricerche riguardano la storia coloniale italiana in Africa, con uno sguardo mirato alla Somalia, gli studi sul postcolonialismo italiano e le sue rappresentazioni culturali, i fenomeni diasporici e le questioni di genere.

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