Luca Salza
Il vortice dei linguaggi
Mesogea 2015 pag. 154 € 12,00
raffaele taddeo
Chi tratta della letteratura della migrazione in Italia si trova molto spesso di fronte a problemi della lingua che i nuovi cittadini letterati veicolano con loro. La maggior parte di loro conosce molto bene l’italiano e spesso la loro raffinatezza nell’uso della lingua di Dante è superiore a quella degli stessi scrittori autoctoni, a volte però sono sottoposti a feroci editing che snaturano la caratteristica della loro espressione. La percezione che comunque si ha è che la loro presenza, la loro produzione possa influenzare ora in misura ancora poco rilevante, ma nel futuro in maniera significativa l’intera sfera della letteratura italiana. Luca Salza nel suo libro Il vortice dei linguaggi affronta con singolarità ma con rigore scientifico i problemi connessi fra letteratura della migrazione, letteratura italiana e letteratura-mondo.
Nell’ambito della sua ricerca trova dei veri profeti che hanno compreso come per la letteratura fosse necessario ad un certo punto liberarsi dal legame colla nazione, riagganciarsi al popolo e procedere per una nuova strada avente presente la mondialità e la costruzione di un nuovo linguaggio espressione dei popoli che man mano si fondono, confondono a creare una nuova torre di Babele.
Lo studioso che insegna a Lille prende in esame le intuizioni teoriche di Joyce e le applicazioni pratiche in Finnegans Wake come anche il testo di Emilio Gadda Quer pasticciaccio brutto de via Merulana, sia l’uno che l’altro intenti a individuare una lingua che fosse espressione del parlato del popolo, dei popoli.
Un predecessore teorico viene individuato anche in Dante che con il suo De vulgari eloquentia mostra come sia possibile dai vari dialetti presenti nei comuni dell’Italia del 200 arrivare ad una lingua che fosse espressione di un’unitarietà di popolo. Una nuova letteratura non può che partire dalla situazione storica che si sta creando, specie in Italia ove l’immigrazione non sta avvenendo da pochi paesi ex-colonie come è stato per la Francia e l’Inghilterra, ma da un numero considerevoli di paesi (il data base Basili contava circa 90 i paesi d’origine degli scrittori appartenenti alla letteratura italiana della migrazione), che non possono che dar luogo ad una creolizzazione linguistica.
Luca Salza poi mette a fuoco la funzione della lingua come strumento di opposizione alla classe dominante che avviene sia attraverso un linguaggio altro sia attraverso il silenzio. Egli prende in esame il romanzo di Pizzingrilli Persone del seguito in cui il personaggio Pastorelli attraverso il silenzio si oppone all’autorità. Ma anche Goldoni ne Le Baruffe chiozzotte aveva visto come il dialetto dei pescatori venisse usato a difesa della classe dirigente veneziana.
E’ in questo contesto che nasce, si sviluppa la letteratura della migrazione che diventa uno degli strumenti che mettono in crisi la classe dominante. Forse è proprio per questo che è difficilmente riconosciuta all’interno della nomenclatura ufficiale letteraria, e ancora è proprio per questo che si ha così paura dei migrante dei nostri giorni perché “spaventa soprattutto la profonda ibridazione di lingue e culture e saperi che i viaggi e gli spostamenti dei migranti provocano. Fa paura non tanto il nero africano, cui possiamo affibbiare una cultura, una mentalità, una lingua, che possiamo, cioè, inquadrare, catalogare, fa paura molto di più, il brianzolo nero, che va oltre le lingue e le identità, sfuggendo alle nostre gabbie concettuali e mentali”.
06-01-2016