Raffaele De Nuccio
Tempo della rottura-tempo della dialettica-tempo della progettualità nella letteratura dell’immigrazione italiana in Svizzera
Luigi Pellegrini Editore 2008
raffaele taddeo
In Italia l’attenzione alla letteratura prodotta dagli italiani emigrati è stata solo marginale e fatta ad opera di studiosi. Pietra miliare della riscoperta e interesse degli scritti che gli italiani hanno prodotto nel tempo e in luoghi diversi nel loro migrare è il convegno tenuto all’Università di Losanna nel lontano 1990 sulla “Letteratura della emigrazione”.
Fa specie leggere nella prefazione al volume edito dalla fondazione Giovanni Agnelli, volume che raccoglie gli interventi al convegno, che “le opere scritte da emigrati italiani sono ben lungi dall’inserirsi tutte nella visione riduttiva e di comodo che la critica ufficiale ha voluto dare di esse, usando i termini ora di paraletteratura, ora di pseudoletteratura per definirle, chiudendole nel ghetto di una produzione di basso livello scritto da semianalfabeti, che ruoterebbe attorno ai temi del rimpianto del paese natio nostalgicamente idealizzato e delle difficoltà d’integrazione nel paese d’arrivo, in una forma espressiva povera che ricalcherebbero passivamente i modelli più triti delle poesie scolastiche o delle ‘ingenue’ tradizioni popolari.”
Le stesse accuse che, anche se con termini diversi sono fatte agli scrittori della Letteratura italiana della migrazione, cioè di quegli autori stranieri che in Italia hanno scelto di scrivere in italiano, accomunano in qualche modo le due produzioni.
Lo studio che Raffaele De Nuccio ha fatto per opere letterarie prodotte da emigrati italiani in Svizzera nella seconda metà del secolo scorso, si iscrive nella scia di questa riscoperta e valorizzazione.
Il saggio, che ha come titolo tempo della rottura, tempo della dialettica, tempo della progettualità nella letteratura dell’immigrazione italiana in Svizzera, è complesso e articolato, ma è importante perché mette a fuoco i mutamenti che possono nascere in un individuo a partire dal fatto migratorio.
La letteratura nel suo immaginario può essere fedele registro dei cambiamenti intervenuti nell’io.
Significativo è l’impianto metodologico espresso e chiarito fin dalle prime pagine dall’autore che si serve della concezione della “genetica strutturale” formulata da Lucien Goldman nell’individuare strutture e rapporto fra i personaggi o l’io poetico e i gruppi sociali di riferimento, ma anche il rifarsi a strumenti critici di impostazione psicanalitica freudiana fa assumere al saggio una dimensione di forte impronta scientifica.
Con questo procedimento metodologico si analizzano le singole componenti presenti nelle venti opere di otto scrittori italiani emigrati, raggruppate secondo le scansioni temporali annunciate nel titolo, che rappresentano l’elemento dinamico che interviene in un migrante nella sua elaborazione poetica.
Tempo di rottura, che spesso è rifiuto del proprio paese d’origine, della propria terra, dei valori espressi dalla famiglia e/o comunità d’appartenenza.
Tempo della dialettica che si ha nello scontro con la nuova realtà territoriale e sociale con cui si è venuti a contatto; tempo della progettualità quando si incominciano a ipotizzare soluzioni di vita, di organizzazione personale, individuale a partire dalla situazione di scontro/incontro creatosi in precedenza.
L’analisi dei testi presi in considerazione è profonda e particolareggiata e suscita interesse sia per gli studiosi della disciplina sia per chi sta affrontando campi di ricerca affini.
Ma forse è inutile dilungarsi nell’esame delle parti o della organizzazione del saggio di Raffaele De Nuccio. Ciò che, forse, potrebbe essere più interessante è rendere conto delle domande che un lettore attento si pone leggendo il testo, e quindi in qualche modo dialogando con il testo stesso e indirettamente con il suo autore.
Un interrogativo nasce subito dalla lettura del saggio di Raffaele De Nuccio: perché nelle opere della “letteratura della migrazione italiana”, quasi mai esiste un tempo della rottura, mentre è molto intenso quello della dialettica e della progettualità?
Forse la scelta della lingua è un elemento che induce lo scrittore ad un immaginario diversamente articolato anche se l’esperienza di fondo, quella della migrazione, è similare.
Scrivere cioè nella lingua d’origine o nella lingua di destinazione comporta tensioni creative diverse.
Gli otto scrittori presi in esame dal saggista (Alida Airaghi, Silvana Lattmann, Leonardo Zanier, Arturo Fornaro, Saro Marretta, Attilia Fiorenza Venturini, Maddalena Stabile Perrenoud, Franco Aste) sono generalmente di estrazione borghese, salvo Arturo Fornaro. Ma balza subito all’attenzione del lettore il fatto che in questo poeta viene a mancare il tempo della progettualità.
Al di là della sua constatazione sorge il dubbio che ci sia una relazione fra classe di appartenenza del poeta ed assenza del tempo della progettualità. Lo studioso britannico Basil Bernstein sostenne che il codice linguistico ristretto delle classi subalterne, come la mancanza nel loro vissuto linguistico del tempo futuro, impedisca proprio la progettualità.
Quali campi di ricerca si aprono a partire da questo dato non solo nella letteratura della emigrazione o della migrazione, ma della letteratura in generale?
Un altro elemento interessante che emerge dalla lettura del saggio è la forte accentuazione religiosa presente in due degli scrittori presi in esame, che spesso assume un tono mistico ascetico, nel senso che la vita, stenti, difficoltà, mortificazioni subite, sono strumento di crescita e consolidamento religioso. In Franco Aste questo dato è perentorio. Nella letteratura della migrazione non ho trovato nulla di simile, forse questo anelito religioso ma non mistico-ascetico è avvertibile nel libro Chiamatemi Alì di Mohamed Bouchane e nel recentissimo Regina di perle e di fiori di Gabriella Ghermandi.
Il saggio di Raffaele De Nuccio va letto in una prospettiva comparatistica ma anche con la consapevolezza che la migrazione, primo fatto storico assoluto dell’era contemporanea, è una delle esperienza più importanti nella organizzazione e ricomposizione della letteratura.
Gli autori delle letterature prodotte dai migranti avvertono questa estraneità rispetto alle letterature nazionali di provenienza e di arrivo. Ma essi sono la spia che qualcosa di totalmente nuovo sta avvenendo. Si sta riformulando il rapporto fra lingua e letteratura, fra territorio e letteratura.
23-09-2008