Recensioni

Un bel sogno d’amore

Andrea Vitali
Un bel sogno d’amore
Garzanti    2013

raffaele taddeo

La struttura organizzativa di quest’ultimo romanzo di Andrea Vitali non è molto dissimile dagli altri.   Tre storie che si rincorrono, si intrecciano, si intersecano, quella di Adelaide e Alfredo, la storia d’amore  di Benvenuta, la vita maldestra di Ernesto.  Sono storie  come possono essere quelle della vita normale d’ogni giorno in un piccolo centro ove tutti si conoscono e gli spazi fanno parte della vita perché sono misurabili a distanza d’occhio e quindi appartengono all’esperienza prossemica di ciascuno.
Proviamo a vedere che tipo di spazio è quello usato da Andrea Vitali. Non è lo spazio della città, metropoli ove vige l’anonimato, non è neppure lo spazio del condominio, che rappresenta il tentativo dell’uomo di vivere in  comunità, sentire la presenza tangibile dell’altro, la possibilità di costruire  un progetto comune, e tuttavia rappresenta anche  la ricerca di una sua solitudine, uno spazio solo per sé,   per sentirsi   solo al suo interno.   Il condominio diventa   l’insieme della comunione e dell’allontanamento, della collettività e dell’isolamento. Lo spazio messo in scena da Andrea Vitali  è   percorribile totalmente a piedi.  Tutti conoscono la vita di tutti perché tutti gli angoli dello spazio sono conosciuti. Nulla sfugge a un qualsiasi abitante. E’ uno spazio ove ciascuno si rapporta nel comportamento agli altri, conforma e modella il proprio essere alla richiesta  e aspettativa della comunità. Tutto è prevedibile e previsto. Là dove avviene uno scarto, esso assume risonanza per cui incomincia ad essere degno di attenzione, diceria, vituperio. Nel momento in cui  questo spazio viene assunto come elemento narrativo allora anche le caratteristiche letterarie ne sono coerentemente determinate. Vediamone  alcuni aspetti che poi sono i caratteri propri dell’organizzazione narrativa di Vitali:

a) I personaggi sono tipi, tipi fisiognomici più che tipi fisici o psicologici.   Spesso essi sono conosciuti più per i soprannomi che non per il loro nome e cognome e il soprannome è dato come elemento che ne caratterizza la persona, la tipizza;
b) I personaggi non subiscono particolari cambiamenti, sono quasi statici, nel senso che gli avvenimenti non modificano il loro essere.  I personaggi in fondo rimangono fedeli a quella parte, a quella caratteristica che la comunità ha loro assegnato. Sono un riflesso della comunità e intanto vivono in quanto si rispecchiano nella comunità.
c) I personaggi acquistano senso e significato per le azioni che compiono.
d) I valori che vengono accettati sono quelli tradizionali e consapevoli nella comunità.
e) I valori presenti  sono premoderni, anche se il mondo descritto non è più il mondo contadino, ma certamente non è ancora il mondo che ha accettato i valori della modernità.
f) Assume molta importanza la coralità. La coralità in Verga era la conseguenza diretta della struttura organizzativa della scrittura, l’impersonalità. Nei romanzi di Andrea Vitali è l’ambiente che determina la struttura corale.

 In Un bel sogno d’amore   si riscontra qualche scarto rispetto alle sopraelencate caratteristiche, ma questa volta è il tempo preso in considerazione, gli anni ’70, che sembra  giocare  come elemento di cambiamento e alterazione.
I capitoli sono  brevi come in tutti i precedenti romanzi, sono quasi scene filmiche, che si esauriscono nella trattazione di un’unica sequenza.
Il linguaggio è popolare con qualche accenno alla sua espressione volgare, qualche doppio senso, qualche elemento di sagace ironia, con il narratore che con circospezione presenta i vari personaggi.
Anche in questo romanzo le introspezioni psicologiche non sono insistenti e approfondite, pur emergendo alla fine personaggi ben stagliati e tipicizzati.
Così pure, anche in questo romanzo, ci si muove attorno al responsabile dell’ordine, il maresciallo. Quando l’ambientazione era del periodo fascista, oltre ai responsabili dell’ordine venivano evidenziati il podestà, l’autorità civile, ed era anche dominante quella religiosa. In questo romanzo l’autorità civile è del tutto inesistente e quella religiosa è meno appariscente.
Il tempo in cui si svolgono le vicende è quello della metà degli anni ’70, ma del forte fermento sociale allora incombente in tutta Italia non c’è traccia, se non per l’accenno a un film che fece scalpore;  sembra i turbamenti intervenuti a seguito del ’68 che  non abbiano  toccato per nulla l’ambiente bellanese. A questo punto forse sono da farsi alcune considerazioni sul tempo. Il tempo gioca un ruolo importante nella determinazione dei valori e dei loro cambiamenti. Il tempo modifica le persone, i loro rapporti, è il substrato che caratterizza ogni mutamento. Nei romanzi di Vitali il tempo sembra bloccato, sembra fermo. Non esiste nessuna variazione significativa fra il modo di vivere e di agire fra quei romanzi ambientati in epoca fascista e questo romanzo ambientato negli anni ’70.  Sono solo alcuni aspetti marginali  che stabiliscono le differenze:  il podestà e/o sua assenza, il telefono, e pochi altri particolari. L’immobilità o quasi del tempo determina la costanza dei valori, specie di quelli più specificamente popolari così come emergono in tutta chiarezza nel personaggio di Adelaide. Pur  combattuta fra Alfredo ed Ernesto, avendo scelto per forza quest’utimo gli rimane fedele,  anche se Ernesto,  qualche volta, si affaccia alla sua mente. La famiglia, i figli, il rispetto dei genitori, suocera compresa costituiscono l’ossatura valoriale del romanzo. Gli scarti a questi valori sono rigettati. Il più significativo rimane quello del comportamento di Benvenuta, la  suocera di Adelaide, che madre anziana e ossessiva dapprima, sembra successivamente una svampita. E’ del tutto inutile qui svelare quale sia lo scarto che potrebbe essere anche significativo, perché si anticiperebbe una delle sorprese narrative più importanti del romanzo. A noi basta affermare che il rigetto dello scarto valoriale, scarto proposto da Benvenuta,  avviene con la sua morte e la ricomposizione quindi dei valori tradizionali.
Questi permangono nel tempo, che sembra un tempo lungo come quello individuato da Braudel nell’esaminare i tempi della storia. Vitali agisce sul tempo lungo, non sugli avvenimenti per cui rimane quasi indifferente ambientare la narrazione al momento del fascismo o in altra epoca, le caratteristiche dei romanzi di Vitali non cambierebbero sostanzialmente.
Questi aspetti delle dimensioni spaziali e temporali che costituiscono l’ossatura narrativa delle opere di Andrea Vitali sono condotti con una estrema coerenza.  Un’accentuazione, ad esempio di descrizioni di aspetti psicologici dei personaggi, rischierebbe di alterare il senso della permanenza del lungo tempo ove le modificazioni si misurano a secoli, ma altererebbe anche il rapporto simbiotico fra personaggi e territorio perché ogni elemento astrattivo porta fuori, allontana, ed invece nei romanzi di Vitali c’è la necessità della assoluta copresenza di personaggi e territorio. Spesso il senso delle narrazioni sono insinuati dai narratori stessi, qualunque essi siano e con qualunque aspetto focale narrino. Nei romanzi dello scrittore bellanese il senso è dato dalle azioni, dalla successione e dall’incalzo delle funzioni cardinali, direbbe Barthes. E’ la struttura narrativa che fornisce il senso ultimo e non indicazioni e insinuazioni del narratore.
Penso che nella coerenza compositiva ci sia l’assoluta letterarietà delle opere di Andrea Vitali, che non concede nulla agli orpelli.
Ultimamente in una trasmissione televisiva un giornalista accusava velatamente lo scrittore bellanese affermando che in Italia gli scrittori  non descrivono la realtà della situazione italiana con i suoi disoccupati, con i disagi che milioni di persone stanno oggi soffrendo. Ma la realtà italiana è fatta di aspetti metropolitani, di grandi città o agglomerati urbani, ma anche di provincia, di piccole città ove la vita reale è quella descritta dallo scrittore di Bellano. In moltissime parti d’Italia il tempo si è fermato e il territorio, lo spazio è strettamente legato alla vita delle comunità. Non sarebbe spiegabile il consenso dato  a qualche partito politico che della vita sul territorio e dei valori ad esso legati ne hanno fatto il cavallo di battaglia per le loro propagande.
Alcune considerazioni finali. Come può spiegarsi il successo dei testi di Vitali? La bravura dello scrittore non ne determina necessariamente il successo di pubblico, né penso che, specialmente all’origine, abbia giocato molto la propaganda della casa editrice; ritengo che gran parte della sua popolarità derivi dal fatto che il lettore riesce a ritrovare la conferma della propria  identità  nei personaggi dei romanzi, non perché essi ci rappresentano, ma perché sono statici, non sfuggenti, sono segnati nella loro andatura, nei loro gesti, nelle loro parole, nelle loro azioni. Ciascuno di noi nel momento in cui si trova davanti a personaggi intensamente psicolocicizzati, non determinati, si sente straniato, avverte panico e disequilibrio. Può essere attratto dal personaggio, ma ne rimane turbato, perché ciascuno di noi ha bisogno di risentire come un’eco la propria identità, la sua permanenza e la sua stabilità. Ciascuno difficilmente riconosce la propria storia come evolutiva, sa riconoscerla solo come qualcosa di statico, al massimo sopporta che essa sia composta di elementi aggiunti (vivere per aggiunzione direbbe Carmine Abate) a qualcosa di fortemente consolidato. La staticità dei personaggi delle opere di Vitali appagano il desiderio di autoriconoscimento della propria identità.
La centralità della poetica presente nelle opere di Andrea Vitali è data dal modo con cui guarda le persone che compongono una comunità. Egli lo fa con gli occhi pieni di comprensione e giustificativi della debolezza e meschinità di ciascuno, perché ciascuno ha in sé un portato umano che non è mai condannabile fino in fondo, ciascuno raccoglie in sé contraddizioni che proprio per questo lo rendono partecipe a pieno titolo al consorzio umano. Nei romanzi di Vitali non c’è mai una assoluta condanna del male o assoluta esaltazione del bene perché spesso nel bene è mescolato sempre qualcosa di inquinato, come nel male è sempre rintracciabile qualcosa di umanamente positivo. Anche le autorità della comunità, (il podestà, il parroco, segretario del partito, il medico, il maresciallo) persone attorno alle quali girano i personaggi, non hanno durezza, non sono arcigni, manifestano sempre consapevolezza e in fondo comprensione  così che ciascuno viene riassorbito all’interno della comunità stessa.

28-06-2013

L'autore

Raffaele Taddeo

E’ nato a Molfetta (Bari) l’8 giugno 1941. Laureatosi in Materie Letterarie presso l’Università Cattolica di Milano, città in cui oggi risiede, ha insegnato italiano e storia negli Istituti tecnici fin dal 1978. Dal 1972 al 1978 ha svolto la mansione di “consulente didattico per la costruzione dei Centri scolatici Onnicomprensivi” presso il CISEM (Centro per l’Innovazione Educativa di Milano). Con la citata Istituzione è stato coautore di tre pubblicazioni: Primi lineamenti di progetto per una scuola media secondaria superiore quinquennale (1973), Tappe significative della legislazione sulla sperimentazione sella Scuola Media Superiore (1976), La sperimentazione nella scuola media superiore in Italia:1970/1975. Nell’anno 1984 è stato eletto vicepresidente del Distretto scolastico ’80, carica che manterrà sino al 1990. Verso la metà degli anni ’80, in occasione dell’avvio dei nuovi programmi della scuola elementare, ha coordinato la stesura e la pubblicazione del volumetto una scuola che cambia. Dal 1985 al 1990 è stato Consigliere nel Consiglio di Zona 7 del Comune di Milano. Nel 1991 ha fondato, in collaborazione con alcuni amici del territorio Dergano-Bovisa del comune di Milano, il Centro Culturale Multietnico La Tenda, di cui ad oggi è Presidente. Nel 1994 ha pubblicatp per il CRES insieme a Donatella Calati il quaderno Narrativa Nascente – Tre romanzi della più recente immigrazione. Nel 1999 in collaborazioone con Alberto Ibba ha curato il testo La lingua strappata, edizione Leoncavallo. Nel 2006 è uscito il suo volume Letteratura Nascente – Letteratura italiana della migrazione, autori e poetiche. Nel 2006 con Paolo Cavagna ha curato il libro per ragazzi "Il carro di Pickipò", ediesse edizioni. Nel 2010 ha pubblicato per l’edizione Besa "La ferita di Odisseo – il “ritorno” nella letteratura italiana della migrazione".
In e-book è pubblicato "Anatomia di uno scrutinio", Nel 2018 è stato pubblicato il suo romanzo "La strega di Lezzeno", nello stesso anno ha curato con Matteo Andreone l'antologia di racconti "Pubblichiamoli a casa loro". Nel 2019 è stato pubblicato l'altro romanzo "Il terrorista".