Le molte vite di Magdalena Valdez

Joana Karda
Le molte vite di Magdalena Valdez
besa muci 2019

raffaele taddeo

Wu Ming, nella quarta di copertina scrive: “Le molte vite di Magdalena Valdez è il romanzo mondo di un collettivo di narratrici sconfinato e ‘creolizzante’”. Le autrici sono quattro: Claudia Mitri, Vanessa Piccoli, Lolita Jaskin Timofeeva (di origini lettone) e Laila Wadia (di origine indiana). La modalità con cui questo collettivo al femminile abbia lavorato non è dato sapere, certo è che la loro combinazione è stata così efficace da sembrare che l’opera sia stata scritta da una sola mano. L’esperimento, se di esperimento si può parlare perché la scrittura a più mani in Italia è ormai consolidata, è ottimamente riuscito.
Le molte vite, perché la protagonista Maddalena attraversa molti paesi, dall’India alla Russia per approdare poi infine a Trieste, è un romanzo ove la protagonista per vari motivi è costretta, necessitata a spostarsi. All’origine della prima partenza c’è una quasi totale assenza di genitori consapevoli e un tentativo di violenza. Ma nei suoi percorsi di fuga Magdalena incontra sempre persone disposte ad aiutarla disinteressatamente. Sono persone che sostituiscono il padre e la madre, sono persone che le diventano amiche, fino a trovare anche chi si innamora di lei e la sposa. Ma sembrerebbe fino ad un certo punto una sorta di fiaba ove arriva il principe azzurro a darle un bacio e condurla nel suo domicilio per offrirle una vita felice spensierata e di successo. Non è però così, nè è opportuno che sveli il finale del libro che è a sorpresa.
Il tema di fondo che si manifesta per altro non è di lieta fiaba, perché insorgono in Magda problemi di instabilità di carattere, problemi che lei non riesce più a gestire e neppure la persona che l’ha amata e che è diventato suo marito. Magdalena cade in una sorta di buco nero da cui non sa come uscire. Il suo matrimonio non regge, e si deteriorerà definitivamente. Si capirà alla fine quali sono le cause dello squilibrio mentale e come le sarà possibile riprendersi.
L’ambiente in cui vive alla fine è Trieste, città ove ha vissuto Svevo, città ove Basaglia ha fatto la rivoluzione per i malati di mente. L’ambiente è il più consono socialmente e culturalmente a trattare la ‘malattia mentale’ di Maddalena. Sembrerebbe che i riferimenti che sono a modello della narrazione possono essere duplici, uno strettamente letterario e un altro sociale. Il primo che vede in Svevo il rimando più significativo. L’uomo è un malato irriducibile, né è possibile un qualsiasi riscatto.  La differenza rispetto a Svevo è che quest’ultimo non riesce mai a svelare quali siano le cause della sua malattia e proprio per questo La coscienza di Zeno assurge a una universalità totale perché ciascuno di noi ha delle turbe, fisime, malattie di cui però ignora la causa e la provenienza. In alcuni i disagi mentali sono appena accennati o sono gestibili, in altri lo sono di meno e quando si raggiunge il limite allora la psicosi è dietro l’angolo. Nel romanzo di Joana Karda se il riferimento letterario è Svevo, il riferimento sociale rimane Basaglia con la sua impostazione di cura delle cosiddette pazzie che comunque prevede la non esistenza di posti reclusi ove confinare chi ha problemi con la sua mente.
Il terzo aspetto che emerge è che una violenza subita non si estingue. Non sono sufficienti tutte le cure e le attenzioni perché possa scomparire dal proprio animo, anzi dalla propria mente. I disequilibri che una violenza apporta non necessariamente si manifestano subito, ma possono insorgere anche se noi non lo vogliamo e possono quindi portarci a condurre una vita che non avremmo mai voluto e al di fuori delle nostre aspettative.
La violenza non è quasi mai cancellabile dalla propria mente e determina vissuti  e azioni.

dicembre 2019