Interventi

Cosa muove le donne

Cosa muove gli uomini?
E le donne?

I dieci anni del Concorso Lingua Madre, i tantissimi racconti che arrivano ogni anno, testimoniano il desiderio delle donne di confrontarsi con se stesse e con l’altro/a. Risposte spesso ignorate che rappresentano, invece, un’occasione speciale per sapere, oltre a ciò che gli uomini sanno dire, che cosa hanno detto e scritto le donne migranti,  per capire insieme, per capire di più. Nient’altro. Non quote, non parità, non diritti…niente…solamente un’altra  parola, anzi: la parola dell’Altra.
Andare a leggere le loro storie può davvero rappresentare, in questi anni di crescente paura, strumento utile per tentare di abbattere muri fisici e mentali. Abbattere la paura nei confronti dell’altro/a attraverso la conoscenza.
Per aggiungere altri racconti a quelli che dicono che il meraviglioso girovagare degli Ulissi serva alla ricerca di “virtute e canoscenza” e che l’errare degli Enea, senza più terra, cacciati  da ogni dove – portandosi dietro Penati, Patria e Guerra, – che perdono per strada mogli e amanti, e sposano infine  figlie di re, – serva a creare Imperi e Pace.
La realtà sembrerebbe dire altro. Potrebbe dire anche altro.
Scrive Karl Kraus nella sua “costruzione maestosa e mostruosa” (R.Calasso) sulla prima guerra mondiale,  Gli ultimi giorni dell’umanità, (Adelphi 1980, p.208):
“STRILLONE: Edizione straordinaria…! Quarantamila russi morti davanti a Przemys…!
PRIMO MEDIATORE: Tu che scruti le stelle…
SECONDO MEDIATORE: …bada a te…!

Anche la filosofa A. Cavarero, “rubando” la figura della servetta di Tracia, “garbata e graziosa” aveva ammonito Talete, dicendogli ridendo che “si dava un gran da fare a conoscere le cose del cielo, ma le cose che gli stavano, dappresso, davanti ai piedi, gli rimanevano nascoste”.
Un po’ come qui, le donne migranti (A. Cavarero, Nonostante Platone, Editori Riuniti, 1990) .

E dunque: Cosa muove le donne?

Rispondo con una poesia scritta da  anonime  giovanette  del liceo classico di una città siciliana affacciata sul mar “d’Affrica”, che si intitola “Senza radici”, proprio come chi è….impastata di terra.

 Una bambina nata in mare
Nel sangue una vita da affermare
Senza una patria vera
Una terra che non c’è e non c’era

 Con un mare che diventa culla
Un nido che scaturisce dal nulla
Tocca l’acqua prima della terra
Perché nella sua si combatte la guerra 

Che radici ha il mare?
È un vuoto che non si può colmare
La sua salvezza è un bene di cui ringraziare
Un nuovo grembo potrà generare.

 Perché: Impastate di terra…guardiamo alla vita. Anche a quella che le migrazioni portano con sé.

Da credente voglio aggiungere che, poiché mi sento totalmente inadeguata di fronte alla complessità  di ciò che sta accadendo, mi viene da dire con forza che è tempo di benedizione e preghiera. Di benedizione perché troppi maledicono e di preghiera perché, come dice un anonimo, la preghiera fa giustizia. E il nostro mondo ha un grande bisogno di giustizia!

L'autore

Pinuccia Corrias