Saba Anglana
La signora Meraviglia
Sellerio, Palermo 2024, pp. 295
In questo suo primo romanzo Saba Anglana [1], artista poliedrica che attraversa con la sua arte vari campi, dalla musica alla recitazione fino alla scrittura, apre ai lettori uno spazio profondo del proprio privato, raccontando le origini della sua grande famiglia e le tante sfide che le si sono poste dinnanzi nel corso dei decenni. Quella raccontata dalla scrittrice è una storia quasi sempre al femminile perché di tale genere è la linfa che nutre le radici e l’intera pianta di una famiglia che, negli anni, ha attraversato territori, frontiere e rappresentazioni di potere che hanno condizionato, anche se a volte solo in parte, ciò che il destino le aveva riservato.
La matriarca di questa dinastia è una giovane ragazza, Abebech, che viene rapita in Etiopia da un ascaro somalo e portata a Mogadiscio: strappata alla sua terra, alla sua vita, ma non dai suoi dolori che la inseguiranno nel corso del tempo. Lei, sola e con una figlia da crescere, dà origine a una famiglia che riuscirà a mantenere un forte legame di appartenenza anche nella fuga e nell’esilio. La serenità che raggiunge Abebech però è solo apparente in quanto, a un certo punto della sua vita, un grande turbamento sembra stanarla e sopraffarla nella sua nuova città, facendola quasi annegare in un torpore che diventa paralisi, dalla quale non si riprenderà mai del tutto.
La trama del romanzo si snoda seguendo due piani temporali paralleli: vi è la linea del presente, in Italia, dove agiscono tre donne alla disperata ricerca di una certa “signora Meraviglia”, che però sfugge loro e, a momenti, sembra quasi irraggiungibile; poi c’è invece la lunga linea dell’analessi che conduce in un passato lontano, ma allo stesso tempo vicino, che è quello del Corno d’Africa, una regione che l’Italia ha colonizzato e di cui ha stravolto gli equilibri politici e sociali. Le vicende personali e familiari raccontate nel libro si inseriscono in un contesto storico che attraversa diverse fasi: dal periodo coloniale italiano al decennio dell’Amministrazione fiduciaria (Afis), dall’indipendenza della Somalia al sopraggiungere della dittatura del generale Siad Barre.
È in uno di quei passati che ha origine la famiglia dell’autrice, che racconta in maniera minuziosa ma allo stesso tempo onirica, quasi avvolta da un’aurea senza tempo, una storia di violenza e di sopraffazione, quella di Abebech, dalla quale è sorta poi un’avventura personale, che ha avuto il senso della rivincita dell’oppresso nei confronti dell’oppressore, della sua volontà di sopravvivenza, dopo aver sfiorato più volte la morte ed esserne, fortunatamente, sfuggita.
Alle lontananze si intrecciano le storie d’amore, gli attraversamenti di confini e i fantasmi del passato che ritornano sotto varie forme a condizionare il presente e le sue scelte, ma soprattutto arrivano, in seguito, le nuove generazioni che si legano alle loro radici familiari non conoscendole realmente, bensì cercando di scoprirne le vicende e poi sciogliere, come un nodo ingarbugliato, i fili di passati dimenticati perché non raccontati neanche da chi è ancora in vita, in quanto è bene che restino lì, nella polvere di un deserto o nell’oblio della memoria. Diversamente dalle generazioni precedenti, i giovani componenti della famiglia si interrogano riguardo alcuni aspetti che ritengono fondamentali, quasi imprescindibili al giorno d’oggi, quali l’identità e la nazionalità, non arrivando però a costruire delle definizioni chiare e a darsi delle risposte definitive: risulta complicato mettere ordine o catalogare poiché non si sa quali categorie utilizzare per farlo.
La linea temporale che segue il presente in Italia è un susseguirsi di parole, gesti, oggetti e molto altro che riscoprono i fili di un passato che non è del tutto conosciuto dai numerosi componenti della famiglia, soprattutto da chi, come la scrittrice, ha lasciato forzatamente l’Africa quando aveva ancora pochi anni di vita e, per varie ragioni, come l’esilio e le guerre, non ci è più potuta tornare. Anche per questo motivo, la scrittura del romanzo è stata sicuramente una riscoperta pure per la stessa autrice, che ha vissuto queste pagine come un viaggio intimo e familiare, che lei stessa ha offerto alla lettura del pubblico, apparso, sin dalla pubblicazione del libro, sempre più interessato e pronto all’ascolto delle particolari tematiche descritte, che spaziano dalle vicende della storia coloniale italiana in Africa alle più urgenti questioni sociali dell’attualità, come l’appartenenza, il multiculturalismo e l’accoglienza.
Nel romanzo, oltre a numerosi personaggi secondari incontrati lungo l’Italia, a fare compagnia alla scrittrice in questo percorso ci sono state principalmente, nella linea temporale del presente, due donne fondamentali nella sua vita, la mamma e la zia, che hanno intrapreso insieme il difficile viaggio per raggiungere la “signora Meraviglia”, che si è rivelata solo alla fine del libro, dopo molto tempo e tante fatiche, ma con una grande gioia, racchiusa semplicemente in due parole: cittadinanza italiana.
[1] Saba Anglana, cantante e attrice, è nata a Mogadiscio nel 1970 da padre italiano e madre etiope. Nella sua carriera ha pubblicato quattro album musicali: Jidka (The Line) nel 2006, Biyo-Water is life nel 2010, Life Changanyisha nel 2012 e l’ultimo Ye Katama Hod nel 2015. Nelle sue canzoni si mescolano tra loro diverse lingue, tra cui l’inglese, l’italiano e il somalo, così come succede ai ritmi e ai suoni che provengono sia dalle tradizioni orali del Corno d’Africa sia da altri contesti musicali conosciuti dall’artista. Il suo primo libro si intitola Lettera al mio fantasma, edito da Animamundi nel 2018.
Michel Pandolfo agosto 2025
