Interventi

Le parole ‘familiari’ di David Huddle

1.Le parole ‘familiari’ di David Huddle

Le tre poesie proposte in “PAROLE DAL MONDO” sono tratte dalla raccolta Black Snake at the Family Reunion (2012) di David Huddle.
Linguaggio colloquiale, tono narrativo, ambientazione familiare sono alcuni tratti della poesia di Huddle, i cui testi si presentano come istantanee di vita, schizzi tratteggiati con parole cordiali che conducono il lettore in un mondo a lui lontano nello spazio e nel tempo.
Che famiglia  e collettività siano un nucleo di ispirazione forte nell’opera di Huddle (due realtà colte sempre attraverso il filtro di una rivisitazione immaginativa che avvolge d’aura mitica i dati del quotidiano) si vede anche nel romanzo The Faulkes Chronicle (2014), incentrato su una famiglia americana (i Faulkes) e orbitante, come i personaggi, intorno alla figura emblematica della madre, collante e fulcro, quasi sole al centro del sistema di relazioni affettive e domestiche: stella che si sta spegnendo, pure non perde il suo potere d’attrazione, anzi sembra, nell’approssimarsi della morte, calamitare ancor più a sé i suoi amati satelliti familiari, e non solo loro. Ne citiamo qualche riga dalla prima pagina per offrire un assaggio del David Huddle narratore dalla prosa nitida, scandita, affabile, sempre icastica e affabulante:

IN HER LAST YEAR OF LIFE
our mother betrayed us by becoming pretty. We are a homely family. For generations we’ve been that way. A different idea of beauty evolved among us. […] Our mother had the classic Faulkes features, […]. When she went into chemo, chemo re-arranged her face, thinned her down, installed into her repertoire of facial expressions a grimace that had every appearance of a starlet’s smile. Our mother’s baldness made her look delicate and vulnerable. […] Indeed, that was generally the case with our mother as she was dying. We wanted to be near her, wanted to be within touching distance of her, wanted to sit shoulder to shoulder with her, so that our arms might brush against her arms. And this was not merely the case with us Faulkeses. Townspeople and even strangers were drawn to her.

 

Famiglia e comunità: gente, luogo nativo, presenze umane e contesti pregressi della propria vicenda esistenziale sono i moventi e i temi della scrittura prosastica e poetica di Huddle.
Temi che tornano in Glory River (2008) raccolta di poesie di cui l’autore in un’intervista dice[1]:

[…] Glory River, is actually a remake of my first book of poems, Paper Boy, which was about the quaint goings-on of my family and some townspeople. I came to know them when I delivered newspapers as a boy, probably around ten, eleven, twelve years old. In the first version of those poems, I tried to stick more or less to what really happened, with some notable exceptions—an occasional exaggeration here and there. In the remake, I’m lying and exaggerating at every possible opportunity.

 

2.Fact & Fiction[2].

Writing as a mixture of “Telling the Truth[3]” and “Art of Lying”

Per farsi un’idea della realtà messa in versi da Huddle, si può leggere qualche verso di una poesia contenuta in Paper Boy (1979), antefatto di Glory River, i cui testi presentano, a detta dell’autore, solo ‘esagerazioni occasionali’ rispetto alla realtà effettuale di quanto descritto, e una quota di finzione narrativa – un tasso mitopoietico – minore rispetto al remake antologico del 2008 dove più nettamente agiscono iperbole e ‘menzogna’, filtri della rilettura fantastica, elementi essenziali per distillare un pregevole prodotto letterario.
Non è, del resto, The Decay of Lying l’origine della decadenza della letteratura[4]?

 

Delivering the Times, 1952-1955

80 papers
was all there was
in the whole town,
a 4-mile walk
before school
and 3 dogs
I had to watch out for.
[…] In 2 years
I saved $90,
sent off to a Roanoke
pawn shop
for that gold-plated
trumpet Daddy
had to teach me how
to play.  And even
though Sunday
was a heavy load,
I walked that route
every day until
I had to start
catching the bus
to the consolidated
high school.

 

        Portrait of the American Writer as a Boy … Il paper boy è figura ricorrente nei film (e nella realtà) americani. L’americano forse più noto nel mondo ha, lui pure, fatto il paper boy per il proprio padre (con sacrificio, ma senza risentimenti, se si presta fede a sequenze filmiche che propongono rivelazioni auto-biografiche) prima di edificare l’impero Disney. Fotogrammi e parole per fissare tipi, luoghi e istanti di vita vera. Vero è, infatti, il ragazzo che consegna giornali o fa lavoretti nei fine settimana per racimolare il gruzzolo che gli permette di realizzare i suoi sogni. In questo caso, comprare una tromba, ma anche (forse) accedere a quella consolidated high school che gli apre il futuro. L’ espressione ha un senso tecnico, ma in consolidated sembra quasi di avvertire l’allusione a una meta raggiunta, la certezza di percorso assodato.
Ad ogni modo, in Blacksnake at the Family Reunion, una volta di più, cifra familiare, infanzia, colore locale, rapporti sociali e personali, in cui il non-detto rivela l’irriducibile, umana difficoltà di dialogo e comunione interindividuale, informano l’universo poetico di Huddle, come rimarca – fra le altre acute riflessioni su stile, lingua, temi – Keenan Walsh nella recensione alla raccolta[5], articolo in cui l’estensore si sofferma anche su due delle poesie da noi scelte:

Huddle’s Blacksnake at the Family Reunion is a mélange of people poems, centering mostly on family, childhood and difficult intimate encounters. The book begins with its title poem, opposite a picture of the moment that inspired it. We see a teenage girl holding a snake, staring directly into the camera, as three other family members stand in the background. […] As the observer’s eyes pan around the image, the tone suggests a fog lifting as one stares at a found photograph – an apt beginning for what is largely a journey into the past.That journey tends toward a confessional investigation of familiarity, relationships and early childhood’s impact on adulthood. The majority of the poems deal with a feminine presence, be it the speaker’s mother, his high school girlfriend, his physician or his best friend’s wife. Consistently, we encounter the tension of difficult intimacy, silence in the midst of words held back. Among the more poignant poems […] is “What the Stone Says,” in which the speaker meditates on the life of his older sister, who died the same day she was born […] Here and elsewhere, the terse simplicity of Huddle’s language largely bypasses sentimentality. Huddle’s colloquial, familiar tone remains throughout the book, and in the nonchalance, the reader almost forgets to notice the poems’ […] calculated form. It is a great virtue of these poems that they so tactfully blend the commonplace with what could otherwise be deemed annoyingly highbrow.

Blacksnake at the Family Reunion è un libro in cui prosegue la ricerca poetica dell’autore nel fertile bacino della memoria: infanzia, vicende familiari e sociali, storia privata e pubblica, volti di amici, parenti e conoscenti sono altrettanti oggetti di quel tempo perduto da ritrovare e rileggere alla luce del presente, e che, rievocato, instilla, a tratti, nella meditazione del poeta ormai adulto, lontano da infanzia e giovinezza, una sfumatura di pensosa malinconia.
Così, la poesia si origina da un viaggio a ritroso nel proprio passato per rivedere cose, luoghi, persone di un mondo che non c’è più; viaggio compiuto in empatia con un’umanità fragile nel dolore e nella gioia, e storicamente transeunte, che pure, nelle parole e nel ricordo, può tornare a vivere.

 

3.The Anxiety of Influence[6] La cognizione di essere poeta

La terza poesia proposta non si apre su un ritratto di famiglia, né su uno spaccato di vita in una ordinaria città americana negli anni ‘50-’60.

The Anxiety of Influence mette in scena una poetessa che legge una sua poesia durante un reading, di fronte ad altri scrittori e accademici, mettendo a fuoco l’attimo in cui la donna prende coscienza di essere davvero ‘poeta’: “that was the exact moment that she knew// she could say she was a poet without a shred/ of doubt.” L’agnizione di status avviene nel momento in cui, dopo un lungo flashback mediato dalla voce del narratore eterodiegetico il quale, riferendo i ricordi della donna, racconta “how that first poem happened, siamo riportati al presente, cioè all’istante della performance che provoca l’allontanarsi sdegnato di uno degli uditori (uno scrittore e docente molto apprezzato). La poetessa, senza darlo a vedere e continuando a leggere, osserva l’esponente della ‘vecchia scuola’, che per lei è stato idealmente un maestro, alzarsi e andarsene appena udito un verso provocatoriamente irriverente (I want to hump every moving thing) della poesia che lei sta leggendo: la sua prima, scritta quasi per caso da un’altra se stessa appena trentenne, e che le creò imbarazzo, che parlava di cose mai accadute né dette  (never mind that it said what she knew/ she’d never have said aloud or that it wasn’t/ what really happened), ma che lei sentiva vera, anzi la più vera, quella che esprimeva la sua più audace verità. Per questo, forse, la trascrisse al computer e la cambiò, finché non ci fu più nulla da cambiare, compiacendosi quando infine la vide a stampa.
Al di là del fatto che Huddle era presente a quella lettura poetica, dunque ha assistito all’evento di cui parla, questa terza poesia, anche per altri aspetti, ha qualcosa di autobiografico. Ogni autore, infatti, ha una guerra da combattere: quella per imporre all’audience dei contemporanei le proprie parole: urticanti, corrosive, eversive, dissacranti, comunque ‘nuove’ e ‘diverse’ rispetto al canone. La vera sfida, per uno scrittore, è essere in sintonia col pubblico del suo tempo, venire dichiarato artista, essere compreso prima che la posterità, in base a mutati parametri critici, lo collochi nella rosa mistica dei classici. Da un altro punto di vista, la poesia sembra altresì dar voce al vecchio poeta che se ne va offeso, e non riesce a capire i ‘nuovi versi’ che probabilmente gli sembrano pensati solo per far colpo sul pubblico con facili ‘trivialità’.La poesia suggerisce che “l’ansia di influenza” cioè, secondo Bloom, l’ambigua relazione dei poeti nuovi con quelli delle generazioni precedenti – quella necessità di avere modelli da emulare, una lignaggio letterario in cui collocarsi e amati-odiati ‘padri letterari’ da cui essere riconosciuti – può essere un ostacolo nel processo creativo, un condizionamento inibente.
Quanto poi all’ ansia di essere influenti, il desiderio di consenso e successo, va da sé che non è mai spinta valida, né input sufficiente per scrivere. Ogni prodotto di scrittura deve infatti muovere da un’intima necessità, da un’imperiosa esigenza di verità, da un’ansia etica, per essere davvero buona scrittura.

4. Parole che restano
La scrittura come atto etico.

Ci piace chiudere questo breve intervento sulla poesia di Huddle con tre dichiarazioni d’autore. Una riguarda la scelta di scrivere e la non cancellabilità di ciò che scriviamo (It was the boldest truth/ of her, and there it was, spoken forever/ and not to be erased). Scelta che richiama in causa la figura della madre – ribadendone l’influsso anche in quelle ‘linee-guida per l’aspirante scrittore’ cui il poeta si attiene. Nelle parole materne si profila, infatti, un’idea della scrittura intesa come responsabilità individuale e atto etico, e una concezione memoriale della parola che vive eterna e, con i suoi segni indelebili, nel bene e nel male, ci eterna:

My parents, I should say, were very staid people, and my mother, when it became evident that I was going to be pretty serious about writing in my twenties, sort of collared me and said, “David, you know what we write lives after us.” I think she didn’t want any trashy writing on the record with my name on it. I think about that every now and then.

 L’altra citazione è desunta da un’intervista in cui Huddle parlando della poesia Men’s sauna[7] ribadisce la cifra americana e l’ambito privilegiato della sua poesia narrativa, la realtà ordinaria:

 

                                              -What is American about this poem?
                                                             -Nothing more than it describes an ordinary little piece of American life.

Ed è così che la poesia accade: partendo dal mondo e dalla vita, descrivendo e interpretando il reale attraverso la lente della propria sensibilità. La poesia accade quando un ‘’Io’’ poetico vede, ascolta, sente, per far vedere, ascoltare e sentire ai suoi lettori un’immagine/emozione vera; per porre chi legge in empatia con quel passato – familiare e sociale, individuale e collettivo – in cui si collocano le radici di una comunità civile e degli individui che la compongono. Un mondo perduto che può presentificarsi – grazie al recupero memoriale, alla ricerca intima di un soggetto – ed essere intuito, per via immaginativa, da altri uomini grazie alle parole scritte. Tali parole, pur mescidando fatti e fantasia, pur esagerando e ‘mentendo’, sono nondimeno audacemente vere. Sono parole che restano, perché incise nell’orbita di una poesia narrativa e di una prosa dai fondamenti etici. Una scrittura che, tramite la fiction, punta alla verità effettuale della vita e dell’anima dell’uomo.
E sulla radice etica della propria scrittura, le parole di Huddle sono ancora una volta il referente, nitido e imprescindibile, per cogliere il senso della sua opera. Sono parole da cui trapela una vena di insofferenza nei confronti di quel trashy writing (che non sarebbe piaciuto a sua madre, e non piace al poeta), parole con cui si ribadisce la radicale antitesi fra una poesia che deriva da ansia di successo e una poesia che sgorga da una ineludibile urgenza interiore, da una tensione al vero, da quella che Huddle chiama moral and ethical anxiety:

                                            – At the heart of this poem is the specter of morality, the                                                            idea of right and wrong. Is all good poetry in some way                                                          ethical or just?
                                                           – The short answer is yes. The long answer is also yes. Which is                                                                                      not to say that the poem wants to preach or to offer moral or                                                                                        ethical guidance. It is only to say that the generating force of this                                                                               poem—and most of my writing—is moral and ethical anxiety[8]

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[1] S. Hudgens, T.King, J. D. Wiley, A Conversation with David Huddle, October 14, 2005 (Pdf in rete)
[2] Sul rapporto realtà-finzione, verità-menzogna, vita-letteratura: http://howapoemhappens.blogspot.it/2010/09/david-huddle.html  How a Poem Happens (16-09-2010): Could you talk about fact and fiction, and how this poem negotiates the two?  In the case of “Men’s Sauna,” this is an easy question – it usually isn’t an easy question with my work, because, regardless of what genre I’m writing in, I’m almost always mixing fact and fiction. In this case I pretty much went with fact. There’s a slight bit of unintentional fiction in the voice of the poem’s speaker.
[3] E.HEMINGWAY: “The writer’s job is to tell the truth.” Si veda anche A Moveable Feast: ” […] ‘Do not worry. You have always written before, and you will write now. All you have to do is write one true sentence. Write the truest sentence that you know.’ So finally I would write one true sentence, and then go on from there. It was easy then because there was always one true sentence that I knew or had seen or had heard someone say.”
[4] O.WILDE, The Decay of Lying: “The final revelation is that Lying, the telling of beautiful untrue things, is the proper aim of Art”; D.Lessing, Under my Skin: Volume One of my Autobiography to 1949: “There is no doubt fiction makes a better job of the truth.”
[5] K. WALSH, Book Review: Blacksnake at the Family Reunion by David Huddle and Vermont Exit Ramps by Neil Shepard
http://www.sevendaysvt.com/vermont/book-review-blacksnake-at-the-family-reunion-by-david-huddle-and-vermont-exit-ramps-by-neil-shepard/Content?oid=2242840
[6] Allusione al saggio di H. Bloom, The Anxiety of Influence (1973). L’autore conferma, in una email del 24 novembre 2015: “Yes, my poem has to do with Bloom’s book/essay […] My idea was that Laux was troubled by the “one of them [who] stood up … and left the room,” an older poet whose opinion she cared about. Thus, out of her anxiety, she wanted to call out to “the precursor poet” at the end. The real poet (in the real-life episode) was [D. J.] a much admired poet and teacher of a generation before Laux […]. A very decorous writer himself, he was very likely offended by the overt sexuality of Laux’s poem when she read it. I was in the audience and witnessed it.
[7]http://howapoemhappens.blogspot.it/2010/09/david-huddle.html
[8]http://howapoemhappens.blogspot.it/2010/09/david-huddle.html

L'autore

Angela D'Ambra

Angela D’Ambra vive in Toscana fra Lucca, Siena e Firenze dove si è laureata in Lingue e Letterature Straniere (Università di Firenze) nel 2008.
Dal 2010 traduce a livello amatoriale poesia postcoloniale in lingua inglese.
Traduzioni apparse su rivista: su El Ghibli ha pubblicato (dal 2010 a oggi) poesie di Desi di Nardo, Rudyard Fearon, Francis Webb, Gary Geddes, Glen Sorestad, David MacLean, Bruce Hunter, Patrick White, R. K. Singh, Bruce Bond, Kim Clark, Penn Kemp, Bruce Meyer. Su Caffè Michelangelo (2011): Desi di Nardo; su Sagarana (2014): Glen Sorestad, Alfred Corn, Bruce Bond, Laurence Hutchman (dal francese). Su Nazione Indiana: Gary Geddes (aprile 2014), Glen Sorestad (gennaio 2015).
Esperienze di insegnamento della lingua italiana e Humanities: Istituto il David, Centro Internazionale Studenti Giorgio La Pira (Firenze); Harding University (Firenze)
Passioni: gatti, libri, Mozart, cinema e viaggi.