Recensioni

L’ultima carovana della Patagonia

Raùl Argemì
L’ultima carovana della Patagonia
La nuova frontiera       2010

Paola zoppi

È un’Argentina sopraffatta dalla crisi economica lo scenario in cui si districa la storia dell’ultima carovana della Patagonia, dove la Giostra, ideata dal governo per tentare di arginarla, sposta continuamente gli impiegati statali nei vari angoli del paese.

Roque Pérez, un uomo alto con una chioma di capelli brizzolati, quasi bianchi. E gli occhi grigi socchiusi, con un costante luccichio di diffidenza. L’aria sospettosa, la distanza che teneva per non scoprirsi, per non lasciar trasparire quella strana tenerezza che nascondeva come se se ne vergognasse(p. 160161); a sedici anni da ciò che accadde, incontra Laura, una donna alla ricerca di un padre. È convinta che suo padre, Anselmo, abbia cambiato nome e sia il Roque di oggi, in ogni caso è certa che egli sappia chi possa esserlo, Sinceramente non so se lei è mio padre. Questa è la verità. Ma se non è mio padre, lo ha conosciuto e sa che fine ha fatto (p. 30), perchè Laura sa che suo padre era coinvolto nell’affare del Polo Somuncurà, a Fiske Menuco. In un gelido inverno, con la neve che imbianca le strade, le domande di Laura sciolgono i nodi di un passato, non poi così distante. Il loro legame è custodito in una lettera spiegazzata, carica di nostalgia. Roque Pérez è la voce che confonde i ricordi, la realtà e la fantasia, per riportarci in quei giorni. Ex militanti, utopisti, impiegati, sei persone in tutto e Roque Pérez, riuniti nella sperduta cittadina di Fiske Menuco, in Patagonia, con l’obiettivo di progettare e costruire una nuova città in pieno deserto. Il loro ufficio appena aperto, gli opuscoli inviati alle agenzie di viaggio tentano di convincere avventori e turisti giapponesi a investire in questo proposito, dando vita a dialoghi quasi surreali.

In realtà il grande progetto della cittadina è la copertura per la nascita di un partito rivoluzionario, un partito basato sulla fraternità e la libertà, ma che esclude l’eguaglianza, L’ho scartata perchè è un concetto pericoloso. Chi arriva al potere finisce per avere in testa un modello e mozza con l’accetta tutto ciò che rende diversi (p.118), un partito che faccia riemergere i puri ideali di utopia e cerchi di far ripartire il paese.

E i sette militanti sono chiamati a costituirlo sotto le redini di un uomo che segue gli sviluppi da lontano, che si ciba di biscotti e caffè, il quale è consapevole che per fondare un nuovo partito ci voglia molto denaro, Abbiamo bisogno di parecchio denaro per avviare la prima fase della nostra campagna politica. Potrei stornare soldi dalla provincia, ma non lo farò perché appartengono al popolo. E poi ci vuole un fatto importante che ci unisca e ci dia fiducia (p. 120).

Quindi che fare? Beh, rapinare una banca. Persuaso che sia il sogno più recondito che tutti custodiscono nel cassetto. Tutto è pronto, una mappa di Fiske Menuco, e una con l’interno della banca in dettaglio, ad ognuno è affidato un ruolo preciso nell’esecuzione della rapina, a dire il vero, tutti parlavano sempre di esproprio, ma a me è sempre piaciuto di più pensare all’azione come a una rapina (p. 171). E poi la situazione precipita e qualcosa inevitabilmente accade. Diversamente perchè Laura cercherebbe suo padre dopo sedici lunghi anni? Non ci resta che seguire le parole di Roque Pérez, per scoprirlo.

18-06-2010

L'autore

Paola Zoppi