Fatima Ahmed
Aukuì
Eks&Tra Editore 2008
Christiana de Caldas Brito
L’autrice di questo romanzo autobiografico è un esempio vivo di intercultura. Nata a Phnom-Penh, in Cambogia, da madre indo-vietnamita e padre somalo, Fatima Ahmed (la pronuncia del nome Fatima cade sulla “i”) parla fluentemente cinque lingue: cambogiano, vietnamita, italiano, francese e inglese. Nel 1970, la famiglia di Fatima si vede costretta ad abbandonare la Cambogia, prima “un’oasi di pace”, per sfuggire alla guerra. Si trasferiscono in Somalia, la patria del padre di Fatima.
Il sogno di Fatima è studiare in Europa. Per riuscire nel suo intento, dovrà fare i conti con il padre autoritario che vuole preservarla dalla solitudine e dai problemi inerenti allo spostamento verso un altro continente, già difficile di per sé ma di più per Fatima che da bambina ha avuto la poliomelite e ha difficoltà nel camminare.
Questo libro è una commovente testimonianza della forza di volontà di una donna nel creare il proprio destino. Ayan, nome sotto il quale si nasconde l’io narrante dell’autrice, attraverso le sofferenze, impara a trovare dentro di sé la patria distante. Il testo fa riflettere. Leggendolo, si capisce che il coraggio non é un dono ma una conquista.
Aukuì vuol dire “i diavoli neri”, nome con cui i cinesi si riferivano ai cambogiani, mentre gli altri abitanti cambogiani e anche i vietnamiti li chiamavano “indiani”. In Somalia, la famiglia Ahmed sarà conosciuta come “i somali della Cambogia” o semplicemente “i cambogiani”. Tutti questi modi con cui la famiglia di Fatima è stata identificata, hanno portato Fatima a indagare: “Qui in Europa, come ci chiamerete, noi, figli di un somalo e di una vietnamita?”
Prima di dare un nome a Fatima o al suo gruppo familiare, uno dovrebbe conoscere la sua storia e quella della sua famiglia. Con il suo libro, Fatima ci mostra i vari passi fatti con umiltà e tenacia, la sua lotta per affermarsi professionalmente.
La vita in Somalia si rivela diversa dalla vita a Pnom-Pehn. In Aukuì, la scrittrice praticamente conduce i lettori per mano e li porta per le pittoresche vie di Mogadiscio, in mezzo a capre, pecore, cammelli che passano e bambini che giocano. A Mogadiscio, Fatima lavorerà alla Radio, occupandosi di un programma sulla vita culturale della Somalia. Ogni occasione è sfruttata dalla sua personalità aperta che vuole crescere e allargare le proprie vedute.
Nonostante le molte difficoltà (povertà, fame, la morte del padre e di uno dei suoi fratelli, poi anche di una sorella, varie umiliazioni subite nelle case delle famiglie in cui ha lavorato in Italia), fortunatamente Fatima ha anche trovato persone italiane generose che l’hanno aiutata, rendendo più sopportabile la distanza dalla famiglia alla quale ogni mese Fatima inviava dei soldi.
Dopo essersi stabilita a Milano, dove ha fatto cari amici, Fatima ritorna a visitare la sua famiglia a Mogadiscio, e riflette: “L’immigrato che ritorna a casa per ritrovare i famigliari racconta solo cose belle del paese che lo ospita. I problemi dalla sopravvivenza, la ricerca della casa, il lavoro, la terribile nostalgia, la solitudine, sono già dimenticati, sepolti in fondo dalla memoria. E così il miraggio della vita facile in Europa continua a coltivare i sogni nella mente di chi desidera partire.” (Pag. 98)
La storia di Fatima alterna scene del presente con ricordi di episodi vissuti prima, in tanti posti diversi. Molti colpi di scena attendono il lettore. Nell’ultimo capitolo, Fatima è a Creta con il marito italiano, conosciuto nel periodo in cui si trovava a Milano. E poi è a Milano e sta per diventare nonna. Ecco le sue parole: “La calma interiore si trasforma in ali, centinaia di ali giganti, mi alzo con leggerezza pronta a volare, intorno a me non ci sono più pareti, né sedie di ferro, spuntano da chissà dove spazi immensi, colline dietro colline e ancora sagome di colline in lontananza, ed in cima a tutto ci sono io, io granellino di sabbia della Cambogia che il mare ha depositato in Italia, io che ho pagato i miei debiti a questa vita, malgrado tutto meravigliosa e piena di sorprese, io che vado incontro ad una nuova generazione”.
La copertina del libro ci mostra Fatima con il nuovo membro della sua famiglia, Thomas, figlio di sua figlia.
Aukuì trasmette forte energia combattiva e tanta speranza. Può senz’altro rivelarsi utile a quei migranti che si trovano in un momento di scoraggiamento.
30-06-2009