Supplementi

Considerazioni generali: Božidar Stanišić

La prima considerazione da farsi è  che giustamente e correttamente Božidar  Stanišić  non vuole essere    considerato uno  scrittore della cosiddetta Letteratura della migrazione. Il suo rifiuto è giustificato da molte sue ragioni personali ma  se noi definiamo appartenenti a questa categoria quegli scrittori di origine straniera che producono  letteratura  in italiano  avendo appreso tale lingua  in Italia, di certo non possiamo inserire lo scrittore di origine bosniaca in quella nicchia che abbiamo  chiamato letteratura della migrazione. Infatti egli  fino all’ultima opera Piccolo, rosso e altre storie si è fatto tradurre, quindi ha scritto quasi tutte le sue opere in quella lingua che lui stesso ha definito un yiddish  serbo-croato. In effetti oltre a quest’ultimo, che sembra non essere stato tradotto perché non appare il nome di nessun traduttore, anche il testo teatrale Il sogno di Orlando è stato scritto in italiano. Ma sembra anche da alcune sue dichiarazioni, “io questa lingua la mantengo”,  che egli voglia proprio continuare a scrivere  in questa lingua materna che apparteneva ad un popolo che è stato diviso,  separato, se si può dire anche più crudamente squartato.  Božidar  Stanišić   può e sa scrivere in italiano ma vuole continuare ad esprimersi in serbo-croato  come forma di resistenza e non è un caso che forse l’unico libro che ha scritto in italiano direttamente, Il sogno di Orlando, sia quello in cui confessi la sconfitta totale dei suoi ideali pacifisti. Questa sorta di sconfitta non poteva essere espressa nella suo ormai yiddish perché quest’ultimo, come forma di resistenza  ha in sé e deve mantenere ancora qualche briciolo di speranza.
Sotto molti aspetti  Božidar  Stanišić   potrebbe essere definito un  epigono  scrittore mitteleuropeo specialmente nelle tematiche che manifestano un pessimismo  sociale quasi metafisico. Ma il suo proposito non è quello di parlare e rivolgersi o scrivere per  gli abitanti del territorio di nascita, per i serbi, i bosniaci, i croati, gli ex jugoslavi insomma, ma si rivolge a tutta quanta l’Europa e non solo perché pone al centro della sua poetica la riflessione sulla necessità assoluta della pace come sistema di rapporti fra gli uomini e le persone, tema che non riguarda solo l’Europa ma tutto il mondo e per questo allora la sua forma letteraria appartiene a quella che ormai nella forma più matura consideriamo Letteratura-mondo non solo perché ha come riferimento i lettori di tutto il mondo, almeno sul piano intenzionale, ma la tematica riguarda l’intera umanità e la sua salvezza.
L’altro elemento da considerare riguarda  l’intenzione poetica dello scrittore di origine bosniaca. Egli lo esprime chiaramente quando afferma che la sua poetica vuol trattare  “il documentario, il sentimentale e il riflessivo”. Soffermiamoci brevemente su questi tre termini. Il documentario esprime l’intenzione di dare poca attenzione alla creazione fantastica, a qualcosa che è solo nell’immaginazione. Lo scrittore vuole partire dalla realtà, ma neppure  molto edulcorata perché deve essere una realtà documentata;  la sua narrazione deve riguardare ciò che è avvenuto fra gli uomini, nella storia dell’uomo. Il secondo termine che aggiunge è “il sentimentale”, rifuggendo così da ogni tentazione di poetica naturalistica o veristica in quanto lo scrittore secondo Božidar  Stanišić  deve porre attenzione non solo ai sentimenti insiti nei personaggi creati, ma deve  fare in modo che la sua narrazione susciti dei sentimenti, sia piena di empatia e  non sia una fredda descrizione documentaria. L’ultimo sostantivo adoperato riguarda il “riflessivo”.  Božidar  Stanišić   insiste molto su questo perché rifugge da ogni tipo di composizione che serva solamente ad accarezzare l’orecchio del lettore o a farlo fantasticare e accondiscendere alla sua pigrizia riflessiva e cognitiva perché spesso la narrazione esula da impegno riflessivo e si adagia sul sentimentale distorcendo così ogni produzione letteraria dalla sua ultima finalità che è quella di fornire valori umani perché l’uomo si emancipi dalle sue catene di violenza. Anche Freud poneva nella psicanalisi lo stesso compito sociale e cioè scoprire come fosse possibile arrivare per l’uomo a capire l’origine della sua violenza e a sconfiggerla. La scienza medica rivolge la sua attenzione alla immortalità dell’uomo, la letteratura rivolge la sua attenzione alla costruzione di un uomo libero e pacifico . La narrazione, la poesia di Božidar  Stanišić vuol essere una narrazione-saggio, una poesia-saggio.
Al di là delle intenzioni dello scrittore è nostro compito cercare di scoprire poi quali sono le urgenze più significative del suo animo e come poi esse trovino risposte sul piano della creazione poetica. Da questo punto di vista l’individuazione delle differenze di tono fra le composizioni fatte prima dell’uscita dalla Bosnia da quelle fatte successivamente  è significativa e di rilevante importanza. Già una sua dichiarazione nell’intervista rilasciata a Laura Toppan assume grande valore. Egli infatti afferma che prima dell’arrivo in Italia non si è mai sentito uno scrittore, era più che altro un divulgatore di cultura, un intellettuale impegnato dovremmo dire, più che un uomo dedito alla letteratura. Aver dovuto rinunciare anche per un periodo limitato alla sua attività fondamentale lo ha portato ad assumere come determinante l’impegno letterario, impegno con cui viene maggiormente apprezzato e conosciuto in Italia. Così nasce l’urgenza di scrivere non-poesie per poi distendersi maggiormente nelle narrazioni , espresse,  fino a questo momento, in racconti anche lunghi e non ancora in una composizione che si distenda in un romanzo. Il primo elemento quindi della sua più profonda esigenza di fare letteratura è data dalla capacità del fatto letterario di essere una sorta di rimedio taumaturgico alle avversità della vita, alle sofferenze, alla storia-contro che lo ha attraversato.
Emerge da questo punto di vista un primo elemento di poetica che mi sembra importante. In alcune analisi che ho fatto in questa sede dei testi di Božidar  Stanišić   ho messo in evidenza il suo profondo pessimismo che io lo ho paragonato per la sua radicalità a quello leopardiano, ma mentre Leopardi risolve il pessimismo individuale in una sorta di solidarietà sociale capace di far fronte ai mali che la natura infligge all’uomo, lo scrittore di origine bosniaca invece man mano  cade in una sorta di pessimismo sociale nel senso che la società non è, né sarà capace di guardare alla sua condizione e sempre più cadrà nella sua rovina il cui aspetto più significativo  è la guerra.  Božidar  Stanišić   prende il detto di Ernesto Balducci secondo cui l’uomo futuro o sarà un uomo di pace o non sarà e lo assume come fatto profetico pessimista. Da qui emerge tutto il sarcasmo per i non valori che l’uomo d’oggi vive e la sfiducia nel progresso, sfiducia che lo accomuna in maniera sorprendete a Leopardi. Leopardi trova nella possibilità della solidarietà sociale una valvola di salvezza al suo pessimismo, Božidar  Stanišić   lo trova nella letteratura manipolata attraverso  quell’yiddish, che forse scomparirà, ma che nel presente è l’arma con cui si sente di combattere una battaglia che trova disperata.
L’approdo alla sfiducia sociale che trova origine specialmente a causa della sua partenza dalla Bosnia ha come substrato un altro elemento,  direi essenzialmente il problema della solitudine. Di grande importanza sotto questo aspetto è il racconto Il maniaco il cui tema fondamentale è la solitudine come elemento di condanna per l’uomo. La Bibbia dice “guai all’uomo solo” indicandone  l’inferno di vita che una persona conduce quando  manca un minimo di socialità. Già John Donne aveva detto che “nessun uomo è un’isola”, concetto ripreso con forza da un monaco trappista Thomas Merton, che scrisse moltissimo negli anni ’50-’60 mettendo a fuoco proprio il concetto della drammaticità che si ha quando l’esistenza di un uomo sia corredata dalla solitudine.
Con tutta probabilità se Božidar  Stanišić   avesse potuto continuare  la sua vita in Bosnia e non fosse stato costretto ad emigrare avrebbe sviluppato la sua poetica proprio sul problema della solitudine che non è solo una condizione di vita, ma è anche mondo che l’uomo si costruisce a partire dalla memoria o dal ricordo. La solitudine poiché è una separazione dal sociale inevitabilmente finisce per porre in crisi il sociale, sentire la società qualcosa di ostile. Il pessimismo sociale in Božidar  Stanišić   sarebbe stato comunque il punto d’approdo della sua ricerca poetica e letteraria. E’ stata sollecitata e stimolata maggiormente e forse contratta fino a diventare dramma e tragedia a causa del  suo necessario allontanamento dalla Bosnia.
Ricordo, solitudine formano un cortocircuito da cui è difficile uscire e che spesso conducono alla pazzia.  Non pochi personaggi di quelli creati da Bozidar nei racconti scritti dopo la sua fuoruscita dalla Bosnia sfociano nella pazzia. Ma si può dire che simile potrebbe essere visto l’atteggiamento della protagonista del racconto  Il maniaco.  In questo caso agisce essenzialmente la sua condizione di solitudine, in misura molto minore i ricordi perché quanto raccontato sul passato  di Tonkic, il personaggio protagonista del racconto in questione, serve a giustificarne la situazione di solitudine.
In genere la memoria porta alla solitudine sulla quale poi agisce e scava la memoria fino ad arrivare alla pazzia. E’ il tema del racconto di Ivan Nikolajevič.

L'autore

Raffaele Taddeo

E’ nato a Molfetta (Bari) l’8 giugno 1941. Laureatosi in Materie Letterarie presso l’Università Cattolica di Milano, città in cui oggi risiede, ha insegnato italiano e storia negli Istituti tecnici fin dal 1978. Dal 1972 al 1978 ha svolto la mansione di “consulente didattico per la costruzione dei Centri scolatici Onnicomprensivi” presso il CISEM (Centro per l’Innovazione Educativa di Milano). Con la citata Istituzione è stato coautore di tre pubblicazioni: Primi lineamenti di progetto per una scuola media secondaria superiore quinquennale (1973), Tappe significative della legislazione sulla sperimentazione sella Scuola Media Superiore (1976), La sperimentazione nella scuola media superiore in Italia:1970/1975. Nell’anno 1984 è stato eletto vicepresidente del Distretto scolastico ’80, carica che manterrà sino al 1990. Verso la metà degli anni ’80, in occasione dell’avvio dei nuovi programmi della scuola elementare, ha coordinato la stesura e la pubblicazione del volumetto una scuola che cambia. Dal 1985 al 1990 è stato Consigliere nel Consiglio di Zona 7 del Comune di Milano. Nel 1991 ha fondato, in collaborazione con alcuni amici del territorio Dergano-Bovisa del comune di Milano, il Centro Culturale Multietnico La Tenda, di cui ad oggi è Presidente. Nel 1994 ha pubblicatp per il CRES insieme a Donatella Calati il quaderno Narrativa Nascente – Tre romanzi della più recente immigrazione. Nel 1999 in collaborazioone con Alberto Ibba ha curato il testo La lingua strappata, edizione Leoncavallo. Nel 2006 è uscito il suo volume Letteratura Nascente – Letteratura italiana della migrazione, autori e poetiche. Nel 2006 con Paolo Cavagna ha curato il libro per ragazzi "Il carro di Pickipò", ediesse edizioni. Nel 2010 ha pubblicato per l’edizione Besa "La ferita di Odisseo – il “ritorno” nella letteratura italiana della migrazione".
In e-book è pubblicato "Anatomia di uno scrutinio", Nel 2018 è stato pubblicato il suo romanzo "La strega di Lezzeno", nello stesso anno ha curato con Matteo Andreone l'antologia di racconti "Pubblichiamoli a casa loro". Nel 2019 è stato pubblicato l'altro romanzo "Il terrorista".