Mia Lecomte
Cronache da un’impossibilità
quarup 2015 pag. 130 € 13,90
raffaele taddeo
Nel mondo d’oggi la fantasia è quasi sempre superata dalla realtà. I fatti di cronaca ci presentano ogni giorno avvenimenti che non ci saremmo neppure sognati ne avremmo immaginato. La fantasia è comunque legata ad una certa logica, seppur aleatoria in molte sue manifestazioni. La realtà a volte cozza proprio contro la logica, la corrispondenza di causa ed effetto.
Lo scrittore, il letterato allora cerca allora di coniugare la fantasia con qualcosa d’altro, con qualcosa che va oltre la logica, che va oltre il prevedibile, che va oltre l’appagamento razionale anche della fantasia. Ecco che ci si trova davanti a storie che hanno dell’impossibile, del non avvenuto, né avvenibile. Bisogna cercare in tutti i modi di essere superiori alla realtà, di superarla almeno coll’assurdo dell’immaginazione.
Siamo nel postpostmoderno ove neppure più l’io si pone un qualcosa in cui credere, ove non c’è neppure il nichilismo a cui aggrapparsi perché anche il nichilismo sarebbe un elemento di riferimento ed in qualche modo razionale.
E’ in questo contesto culturale che nascono i racconti di Mia Lecomte raccolti in questo testo, la cui caratteristica fondamentale oltre alla omologia del senso con il clima culturale dei nostri giorni è centrata anche in una sorta di sperimentazione anche formale. Nel primo racconto intitolato Costrutti la sperimentazione è basata sull’evidenziazione del pensabile o pensato, posto fra parentesi, solitamente sottratto allo scritto perché questo deve essere più controllato, più ineccepibile, costruito per sottrazione, come direbbe Calvino. E’ quindi un sovvertimento delle regole dello scrivere letterariamente. Ma allora ci si pone la domanda se alla fin fine col sottrarre non si finisca per sconvolgere perché il senso rimarrebbe tutto nel non detto anzi nel non scritto piuttosto che in quello che rimane pur se formalmente più letterario e corretto. Sperimentazione formale che si sviluppa anche in Ritorna, racconto in cui uno scrittore alla fin fine non riesce, non sa più riconoscere il suo libro, quasi che la vicenda, la narrazione stesa, scritta e stampata porti ad una specie di alienazione ad una spersonalizzazione in una sorta di sdoppiamento della personalità divisa fra autore e personaggi della trama dello scritto.
Senza entrare nell’analisi di ogni racconto si può certamente dire che alcuni di essi rasentano l’assurdo come L’ospite e si rimane sconcertati perché sembra proprio qualcosa che non può per nulla accadere, ma nella imprevedibilità degli accadimenti alcuni racconti sono intrisi di umanità e di poesia come In Exitu perché il ritrovarsi ad essere riabbracciato, ripescato nella corporeità quando si è deciso di abbandonare il proprio corpo e distruggersi è quanto di più umano e solidaristico possa avvenire.
dicembre 2015