Recensioni

Es gab einmal die Alpen

Chiellino Gino (a cura)
Es gab einmal die Alpen
Thelem Verlag     2005

Luigi Rossi 

Es gab einmal die Alpen, questo il titolo di un’antologia di autori italiani contemporanei che vivono nell’area di lingua e cultura tedesca, sparsi tra Augusta, Francoforte, Düsseldorf, Stoccarda, Ratisbona, Marburgo, Fröndenberg, Bochum, Friburgo i.B., Hannover, Monaco di Baviera e Berlino. Un avvenimento editoriale che provoca immediatamente una serie di domande. C’era la necessità, in occasione del Cinquantenario dell’Anwerbevertrag, di tirare le somme sull’attività di autori e autrici italiani che hanno scelto di vivere in Germania? Cosa significa, oggi, questa “presenza italiana” al di là delle Alpi? O qual è il significato d’una simile avventura editoriale?
Scrive Carmine Gino Chiellino nell’introduzione, con un chiaro riferimento all’antologia: “Mai, finora, è stata raggiunta una così intensa vicinanza, quasi una simbiosi, una fusione di lingue e memoria culturale tra Italia e Germania“. Si tratta, perciò, di autori e autrici che “approdano” a diverse tradizioni letterarie partendo da lontani e distinti “spazi culturali“, amalgamando voci, lingue, memorie e storia.
Riferendosi all’Anwerbevertrag del 1955, Chiellino scrive che “l’antologia si materializza per salutare la fine di una lunga e contrastata esperienza nel contesto dei rapporti bilaterali tra Italia e Germania”, dove, per quel che riguarda l’Italia, “gli Italiani in Germania rappresentano una grandezza sconosciuta, al di là delle Alpi“. Per la Germania, invece, sembra ancora lontano un necessario chiarimento sul ruolo degli Italiani, visti “come stranieri e non come cittadini costruttori di un’Europa unita, cui la Repubblica Federale tedesca partecipa a partire dal 1957”.
C’erano una volta le Alpi. Alpi come barriera. Alpi come portale. Alpi come difesa naturale. Alpi come estesa area le cui valli offrivano ad eretici, patrioti, anarchici e antifascisti la possibilità di vivere, difendersi, riflettere e riorganizzarsi. Alpi che, a partire dal 1500, diventano “la porta della fortuna“. L’avvio del moderno fenomeno dell’emigrazione di massa vede uomini donne e bambini incamminarsi per i sentieri che superano i passi alpini e scendere nel cuore dell’Europa. Qui offriranno le proprie braccia e mestieri per sopravvivere e ricominciare a sperare. Ambulanti, spazzacamini, stuccatori, falegnami, fieranti, distillatori, balie e prostitute, mercanti e avventurieri si diressero verso la Magna, le Fiandre, la Francia, la Polonia, la Danimarca e la Russia, salendo le Alpi e lasciandosi alle spalle, temporaneamente o definitivamente, regioni dove epidemie, guerre, persecuzioni religiose, crisi economiche e climatiche, come la cecità di politiche reazionarie, avevano di fatto bloccato ogni sviluppo economico e sociale.
L’emigrazione italiana, tra 1500 e 1800, ha offerto, solo per l’area tedesca, decine di personaggi di grande valore. L’attraversamento delle Alpi, per chi le puntava da Meridione, significava sempre, o quasi sempre, “salvezza“. O lavoro. Per chi le puntava da Settentrione, come nel caso dei grandi viaggiatori, poteva significare “rinascere”, “ritrovarsi” tra le vestigia di un’antica e mitica cultura. Come successe a Johann Wolfgang Goethe e alle decine di artisti, pittori, musicisti, poeti che “emigrarono” temporaneamente o definitivamente nella Penisola italica. Le Alpi, per questi personaggi, sono state una struttura eccezionale per “lasciar se stessi all’al di là“, come suggerisce il curatore dell’antologia.
C’erano una volta le Alpi. Chi voleva conquistare la Penisola doveva solamente valicarle e, poi, spandersi in un territorio dove maturavano le migliori spighe, pascevano grassi vitelli, si raccoglievano limoni, olive e si vendemmiavano uve gonfie di sole. Si fondevano metalli e si producevano vetri e tessuti. Dove si viveva in case in cui scrosciavano fontane, le pareti erano affrescate e si posavano i piedi su mosaici. Persino Annibale decise d’invadere l’Italia dopo aver valicato le Alpi. Così fecero popoli definiti “barbari” o chi professava la stessa religione dei cattolicissimi italici, installando patiboli e richiedendo ennesimi esosi contributi.
Allora c’erano le Alpi. Una catena montuosa che, è giocoforza dirlo, divideva. Divideva culture. Divideva economie. Spartitraffico commerciale e linguistico. Anche religioso, a un certo punto. Se lo si desidera, cerniera, formata e saldata da una ragnatela di sentieri e percorsi che univano aree geografiche diverse e lontane.
Es gab einmal die Alpen: un’avventura editoriale che nasce a Dresda, si sviluppa a Augusta e si dipana per quasi ogni Land e si concretizza anche per l’impegno del Console d’Italia a Dortmund, Antonio Trinchese, un giovane diplomatico che sta operando con molta responsabilità in un’area consolare dove, per anni, poco o nulla era stato fatto a favore di quell’anima italiana che, dobbiamo riconoscerlo, fa parte sin dalle origini della Ruhr.
Carmine Gino Chiellino è il tessitore di quest’avventura. Docente all’università di Augusta, vive in Germania dal 1970. Saggista e poeta, scrive da sempre in tedesco e, da decenni, segue la crescita di autrici e autori italiani (e non solo) nell’area tedesca. Osserva con attenzione ciò che sta succedendo in Germania, dove gli ex-immigrati si stanno impadronendo della chiave che gli permetterà d’appartenere sia alla cultura madre che alla cultura autoctona e europea. Per l’Italia tutto ha avuto inizio nel 1964. O, per qualcuno, già nelle lettere che gli emigranti scrivevano a familiari e amici. O nelle note, sparse qui e là nei registri di mercanti lombardi e toscani, ricche d’informazioni e dalle quali traspare il mercante, l’uomo, il suo percorso culturale e sociale, come i luoghi d’origine e il Paese ospitante.
Nel 1964 apparve in Germania un romanzo particolarissimo. L’autore, Giovanni Bertagnoli, era un veronese emigrato qualche anno prima nel Baden-Württemberg. Arrivederci, Deutschland! forse vendette qualche centinaio di copie, eppure, a rileggerlo oggi, si riconosce il coraggio di Bertagnoli e dell’editore. Era la prima tessera musiva della Migrantenliteratur in Germania, un fenomeno che, oggi, è ricchissimo e comprende autori non solo di origine italiana, ma turca, greca, spagnola, russa, polacca, slava e africana. Dalla letteratura al giornalismo, scritto e radiotelevisivo, dal cinema al teatro, dall’insegnamento alla pittura, dalla danza al canto… gli immigrati, con i loro figli, hanno seguito un percorso, non semplice per la verità, che li ha portati ad impossessarsi di quelle chiavi linguistiche e culturali che sole gli avrebbero permesso d’abbandonare definitivamente la Terradella monocultura.
Gli ospiti di questa antologia, nel corso del loro soggiorno in “terra tedesca”, hanno affinato i propri mezzi e compiuto scelte culturali e politiche, come linguistiche, ben individuabili. I diversi percorsi, anche degli autori più giovani, portano in superficie una memoria storico-culturale dell’odierna Europa, molto più antica di quel che appare.

Franco Biondi, forlivese trapiantato a Hanau, giunge nella Repubblica Federale tedesca nel 1965. Fu tra i creatori del movimento PoliKunst, associazione d’artisti attivi in Germania e senza passaporto tedesco. Autore di diversi romanzi, liriche e saggi, ha scelto da anni il confronto con la lingua tedesca. Nel suo contributo, ci regala un incontro tra il protagonista del romanzo Der Stau (Francoforte, 2001), Dario Binachi, e l’autore stesso, uno sdoppiamento che permette al lettore (non solo tedesco) di penetrare in una realtà sociale e culturale contro la quale sbatte a ogni passo.

Carmine Gino Chiellino, calabrese, dal 1970 in Germania. Nel 1973 inizia la sua impegnata produzione di saggi e poesia, che culmina con lch in Dresden (2002, raccolta dei suoi interventi all’università di Dresda e, quasi, manifesto della sua poetica) e In Sprachen leben (2002, Dresda).  Per lo scrittore calabrese Prendersi ciò che è diverso (questa una possibile traduzione di Sich die Fremde nehmen, altra sua opera) è una delle verità, non solo poetiche, che, a partire da un certo momento della sua vita, ne caratterizzano la crescita artistica e civile. Solo quando “la lingua è al centro / può iniziare la conversazione”: la lingua come chiave, come portale, come cuore e coscienza. La lingua che abbatte ogni possibile ghetto: di baracche, case fatiscenti, o spazio circondato da filo spinato. O “muri assenti / che ci murano”.

Marcella Continanza, da Potenza, vive dal 1986 in Germania, a Francoforte. Giornalista e promotrice della letteratura femminile italiana in Germania. Ha fondato i periodici Vietato Fumare – Tutto cinema e dintorni e Clic donne 2000. Nei suoi Taccuini irrompe, più che la poesia colta e cosmopolita, quell’universo metaforico e immaginifico che appartiene a un nomade poeta mediterraneo finito a Francoforte, città che “è una lettera d’amore che non si apre”.

Chiara De Manzini, triestina, dal 1976 in Germania. Vive a Duesseldorf. Scrive in italiano e tedesco. Ha al suo attivo diverse opere didattiche dirette all’apprendimento della lingua italiana e racconti apparsi in antologie e periodici. L’autrice propone in A due voci, due narranti che si confrontano con due idiomi diversi: l’italiano e il tedesco. Solo chi possiede la “chiave” linguistica e interculturale potrà comprendere l’atteggiamento di un amante e marito.

Cesare De Marchi, genovese, trapiantato da alcuni anni a Stoccarda, è autore, oltreché saggista e traduttore, conosciuto in Patria grazie alle sue opere edite da Sellerio e Feltrinelli, tra le quali ricordiamo Il bacio della maestra (1992, Palermo) e Fuga a Sorrento (2003, Milano). Nel suo contributo ci s’imbatte “in una lingua che si mantiene sulla sintassi italiana e offre contenuti culturali sinora sconosciuti alla lingua italiana”.

Silvia Di Natale, genovese, dal 1975 vive in Germania, a Regensburg. Tra le sue pubblicazioni diversi studi etnosociologici in lingua tedesca e due romanzi editi da Feltrinelli, Kurai (1997) e Il giardino del luppolo (2004). Anche questa autrice si libera del patto autore – lettore esistente in ogni letteratura nazionale.

Marisa Fenoglio, tedesca d’adozione, sorella dell’autore de Il partigiano Johnny, risiede a Marburgo dal 1957. Autrice conosciuta in Italia, appartiene a quel lettore che ne “individua la complessa interculturalità” dispensata dall’autrice albese nelle sue pagine.

Giuseppe Giambusso, siciliano, vive in Vestfalia dal 1974. Insegnante ed editore impegnato nella didattica dell’insegnamento dell’italiano, insegue nelle sue poesie un “divenire europeo”, dove la memoria mediterranea gioca spesso un ruolo particolare, sia estetico che linguistico. In lui, come in altri poeti presenti nell’antologia, è ben chiaro cosa significhi “lasciarsi le Alpi alle spalle”. Non si tratta d’intrufolarsi in un chiuso budello, ma scoprire, nella lingua e cultura che ti ospita, quegli elementi di contatto che arricchiscono il bagaglio che ognuno si porta appresso. Forse è vero che “con le tue parole / m’insegnerà la sua lingua / e con il tuo silenzio / il suo”.

Lisa Mazzi, modenese, vive in Germania dal 1975, a Friburgo. Dai primi anni Ottanta scrive soprattutto in tedesco. Saggi, prosa e liriche sono espressione dell’impegno di questa emiliana. Nel 1986 uscì Der Kern und die Schale. Italienische Frauen in der BRD (Il nocciolo e il guscio. Donne italiane nella RFT, Francoforte). Nel suo contributo, grazie alla sicurezza della scrittura e alla sensibilità d’una lingua formatasi nell’ambito della “letteratura femminile”, offre un’emotività interculturale che si rintraccia solamente in chi crede all’azione dell’interculturalità.

Fruttuoso Piccolo, dalla Bassa Padovana a Hannover, dove vive dal 1972. Fotografo e poeta, non disdegna la performance che tende a coinvolgere il pubblico. Nell’avventura letteraria e artistica di Fruttuoso Piccolo s’individua l’importanza dell’impasto, culturale e linguistico, tra ospitante e ospitato. Tra artista e fruitore dell’opera d’arte. Quali ne siano l’idioma usato, la forma o i mezzi.

Luigi Rossi, rodigino, a Bochum dal 1978, riporta alla luce personaggi e avvenimenti, anche dolorosi, che sono alla base del comune presente. Ha scelto di dedicarsi alla storia della presenza italiana nell’area di lingua e cultura tedesca. Nel racconto Per il cielo in terra si assiste all’ascesa della famiglia Krupp e al dramma di Friedrich Alfred († 1902), sommerso dallo scandalo caprese. Sullo sfondo la politica kruppiana e la massa di operai che, agli inizi del 1900, era impiegata agli altiforni e miniere dei signori dell’acciaio. In Un dio ignoto verrà, si ricorda il caso di 5 militari della Wehrmacht, trucidati nel luglio del 1944 ad Albinea (Reggio Emilia) per aver collaborato con i partigiani emiliani.

Piero Salabè, trentacinquenne romano, vive da alcuni anni a Monaco di Baviera, come autore e traduttore. In questo giovane scrittore esiste una carica notevole che lo spinge alla ricerca di un’interculturalità che gli pulsa accanto. Un’interculturalità espressa dalla varietà delle lingue, degli odori e dei suoni che quotidianamente si liberano tutt’intorno alla nostra persona.

Nelle poesie di Salvatore A. Sanna si trova la tensione al “pendolare” tra due culture. Sanna, nato a Oristano, vive a Francoforte dal 1958. Autore di diverse opere scientifiche, compone in italiano. La cultura mediterranea s’amalgama con la cultura Mitteleuropea, non solo per via delle immagini, della lingua che trasuda un ecumenico umanesimo, ma per un percorso, anche individuale, di riscoperta dell’anima mediterranea: “chi viene dal Nord / trova le strade e le piazze / che vivono di gente / le ragazze son belle / e si fanno ammirare / Vestono corto e svelano / agli occhi di pochi / l’oscuro che tende / alla luce”.

Franco Sepe, laziale, dal 1979 vive in Germania, a Berlino. Corrispondente per diversi giornali italiani e collaboratore di periodici tedeschi. Egli spazia dalla lirica, al saggio, al racconto, sino alla stesura di lavori teatrali.

I 14 autori di Es gab einmal die Alpen ci offrono i risultati di un cammino e di un processo culturale e sociale durato decenni. 14 autori che propongono una materia originata da elementi i più diversi: scelti, scissi, ricomposti, trasmutati e sublimati “nel crogiolo” d’una realtà multiculturale.

14 autori che hanno individuato un loro percorso estetico, contenutistico e linguistico e lo spartono con quei lettori che hanno smesso di considerare le Alpi una catena montuosa che divide Settentrione da Meridione. Mediterraneo e Europa. Cultura e Cultura. Economia e Economia. Religione e Religione.

06-07-2055

L'autore

Luigi Rossi