Recensioni

Ferite – Storie di Berlino

Stefanie Golisch
Ferite – Storie di Berlino
Ensemble  2014  € 12

raffaele taddeo

Dopo la lettura del testo di Stefanie Golisch mi sono chiesto se nel presentare una città, ad esempio Roma, avrei fatto delle scelte simili a quelle fatte e proposte con questo libro. Intanto lo stesso titolo sta ad indicare un programma ed un modo di leggere oggi Berlino. Il sottotitolo dice poi storie di Berlino, ma penso che si possa interpretare l’insieme di titolo e sottotitolo non come storie di vicende umane avvenute nella capitale della Germania, ma come narrazioni di Ferite, di piaghe inferte ad una città. In questo senso la metropoli tedesca viene vista come una entità a se stante, come qualcosa di distinto e separato dalla comunità umana che l’ha composta e la compone. E’ una identità che in qualche modo si contrappone a quanti l’hanno deturpata e ferita. Ne è rimasta perciò segnata e nessuna riparazione, nuovo maquillage, riesce a nascondere.
Ma quali sono i vulnus che hanno sfigurato una città amata e ricercata da tutti. Non sono ferite di ordine fisico, monumenti distrutti, alterazioni urbanistiche, sono invece i comportamenti umani quelli che con più profondità colpiscono e arrecano dolore e sofferenza a questa città.
Ma proprio perché la ferita urbanistica, edilizia, fisica è stata riparata e cancella gli orrori della storia, chi va oggi a Berlino non si accorge neppure delle profonde ferite percorse. E come una donna che ha subito interventi chirurgici, che hanno segnato il suo corpo che nudo manifesterebbe tutta la sua tragedia, vestita nasconde ogni cosa e sembra del tutto priva della benché minima cicatrice.
Sono stati gli uomini, la comunità che l’ha abitata a ferire questa città. Sono gli atti compiuti da uomini del recente passato, prima di tutti i responsabili della più grande tragedia del XX secolo, la shoa, cioè il determinato sterminio perpetrato nei confronti degli ebrei, ma anche di zingari, omosessuali, comunisti, testimoni di Geova, malati mentali. Nelle storie di Berlino ci sono anche avvenimenti avvenuti anche in tempi più remoti, che nella percezione e sensibilità della scrittrice hanno ugualmente inferto ferite a Berlino.
Nel capitolo La legge delle acque si parla di Heinrich von Kleist e della sua tragica fine. Il verso posto all’inizio come citazione ne conferisce interpretazione di fondo. Si dice infatti: un sogno – che altro?
Tutta la vicenda di Kleist e Henriette Vogel viene vista attraverso queste due parole come una disillusione. Il duplice suicidio Kleist Vogel, potrebbe essere visto da parecchie angolature: una scelta di libertà, una scelta di orgoglio, una scelta di fedeltà, una debolezza, una forza, ecc., ecc.
Aver inserito questa storia all’interno delle storie di Ferite di Berlino potrebbe far pensare anche ad un oltraggio apportato alla città con la scelta operata dai due di chiudere la propria esistenza nel suo seno.
Uno dei capitoli poi riguarda l’oggi, non una storia e tratta del Strabenfeger, cioè il giornale dei senzatetto. Ancora il solo fatto che ci sia un giornale di tal fatta, che ci siano dei senzatetto, che in una Berlino, richiamo di tutti i giovani, richiamo di intellettuali, ci sia questo fenomeno che a volte può rivelarsi al limite della dignità. E’ una ferita per Berlino, anche se “nel ventre della grande città c’è posto per tutti” e come dice il narratore “ per me che , come tutti, a volte preferisco la verità e a volte la menzogna e non so assolutamente decidere se sia meglio trovarsi o perdersi nella folla, nella stanchezza di quelli che tu sei e non sei”.
Tutte le altre storie sono riferite direttamente o indirettamente al problema della seconda guerra mondiale, al suo esito, alla dittatura hitleriana e a quella della DDR, alla soppressione di ogni voce di dissenso interno, ma anche e sorprendentemente al silenzio/vergogna o non si sa quale altro sentimento, con cui vengono accolte le scoperte di coloro, pochi, o meno pochi che siano, i quali hanno deciso di opporsi alla disumanità.
“Nell’immediato dopoguerra, tutti coloro che avevano scelto l’emigrazione, o avevano cercato di opporsi al nazismo, dall’opinione pubblica erano visti come traditori”.
A Berlino c’è il Plotzensee, cioè il carcere dove in poco più di 10 anni sono stati giustiziati quasi tremila persone, quasi una persona al giorno. Molti sono stati impiccati per aver solo scoperto dentro di loro l’amarezza di non essere uomini ed aver rifiutato tale condizione.
Ma a Berlino c’è anche l’Hohenschönhausen, carcere della DDR, dove l’avversario politico, il dissidente “doveva essere distrutto. Se non fisicamente, psicologicamente. La sua spina dorsale doveva essere spezzata, la sua mente offuscata, il suo coraggio convertito in terrore”.
Esiste quasi una contiguità temporale, metodologica fra l’oppressione nei confronti dei dissidenti perpetrata dal regime nazista e quella operata dalla DDR nell’immediato dopoguerra. “A differenza delle vittime del nazismo, queste donne e questi uomini, purtroppo, non sono altrettanto presenti nella memoria collettiva tedesca.”

Questo testo di Stefanie Golish si lega al romanzo pubblicato qualche anno fa Luoghi incerti, ne sembra quasi una continuazione, non perché qui ci sia lo sviluppo di una narrazione precedente, ma per il tono e l’humus psicologico e motivazionale che l’ha spinto a scrivere.
Già Luoghi incerti si caratterizzava per la ricerca interiore di rintracciare i motivi che avevano portato i tedeschi alla scelta inumana della shoa. La scrittrice di origine tedesca non trovando giustificazioni avvertiva tutta la responsabilità di coloro che sapendo, perché non potevano non sapere, hanno permesso che si arrivasse a tale grado di disumanizzazione. Si avvertiva in quel romanzo la tensione verso la ricerca di una verità che spesso si vuole occultare, e con cui non si vuole fare i conti fino in fondo.
La stessa tensione si avverte in questo libro ove 15 piccoli racconti ripropongono pagine e momenti di storia che speravamo avessero creato consapevolezza nell’umanità, ma purtroppo ogni giorno dobbiamo ancora angosciarci perché non c’è angolo della terra ove ciò che è accaduto prima, durante e dopo la seconda guerra mondiale, non si ripresenti in forme e modi molto simili.
Stefanie Golish ha l’urgenza, la necessità interiore di dire la verità e di non occultarla ben sapendo che è il rischio degli uomini che sembra abbiano bisogno di ripetere gli stessi errori. L’affermazione della verità sembra la suprema tensione poetica della scrittrice di origine tedesca.

 Maggio 2014

L'autore

Raffaele Taddeo

E’ nato a Molfetta (Bari) l’8 giugno 1941. Laureatosi in Materie Letterarie presso l’Università Cattolica di Milano, città in cui oggi risiede, ha insegnato italiano e storia negli Istituti tecnici fin dal 1978. Dal 1972 al 1978 ha svolto la mansione di “consulente didattico per la costruzione dei Centri scolatici Onnicomprensivi” presso il CISEM (Centro per l’Innovazione Educativa di Milano). Con la citata Istituzione è stato coautore di tre pubblicazioni: Primi lineamenti di progetto per una scuola media secondaria superiore quinquennale (1973), Tappe significative della legislazione sulla sperimentazione sella Scuola Media Superiore (1976), La sperimentazione nella scuola media superiore in Italia:1970/1975. Nell’anno 1984 è stato eletto vicepresidente del Distretto scolastico ’80, carica che manterrà sino al 1990. Verso la metà degli anni ’80, in occasione dell’avvio dei nuovi programmi della scuola elementare, ha coordinato la stesura e la pubblicazione del volumetto una scuola che cambia. Dal 1985 al 1990 è stato Consigliere nel Consiglio di Zona 7 del Comune di Milano. Nel 1991 ha fondato, in collaborazione con alcuni amici del territorio Dergano-Bovisa del comune di Milano, il Centro Culturale Multietnico La Tenda, di cui ad oggi è Presidente. Nel 1994 ha pubblicatp per il CRES insieme a Donatella Calati il quaderno Narrativa Nascente – Tre romanzi della più recente immigrazione. Nel 1999 in collaborazioone con Alberto Ibba ha curato il testo La lingua strappata, edizione Leoncavallo. Nel 2006 è uscito il suo volume Letteratura Nascente – Letteratura italiana della migrazione, autori e poetiche. Nel 2006 con Paolo Cavagna ha curato il libro per ragazzi "Il carro di Pickipò", ediesse edizioni. Nel 2010 ha pubblicato per l’edizione Besa "La ferita di Odisseo – il “ritorno” nella letteratura italiana della migrazione".
In e-book è pubblicato "Anatomia di uno scrutinio", Nel 2018 è stato pubblicato il suo romanzo "La strega di Lezzeno", nello stesso anno ha curato con Matteo Andreone l'antologia di racconti "Pubblichiamoli a casa loro". Nel 2019 è stato pubblicato l'altro romanzo "Il terrorista".