Laila Wadia
Il testimone di Pirano – La seconda guerra mondiale, le foibe, l’esodo istriano-fiumano-dalmata
Infinito 2016 € 13,00
raffaele taddeo
Laila Wadia, che fino a questo momento aveva trattato nelle sue narrazioni temi che riguardavano il fatto migratorio più recente, quello che è avvenuto a livello internazionale a partire dagli ultimi anni del secolo scorso e che continua drammaticamente oggi, con questo testo si mantiene ancora nell’ambito del fatto migratorio ma sprofondando nella storia d’Italia specialmente quella più drammatica che è avvenuta nella seconda guerra mondiale nelle zone di confine italiane. Furono i territori che vennero a più riprese rivendicate, che si cercò di aggregare su tutti i piani dapprima da parte del governo fascista prima della guerra e almeno fino al ‘43, poi dai partigiani di Tito che tentarono di annettere tutta la zona di Istria alla nascente nazione Jugoslava. Furono atti di annessione che videro violenze e sopraffazioni molto forti i cui atti più significativi sfociarono nelle foibe nelle quali perdettero la vita persone forse ignari delle tensioni che si stavano creando, che volevano solo vivere nel loro territorio di nascita, nella lingua che avevano appreso fin da piccoli, nella cultura che li aveva visti crescere.
Laila Wadia è stata condotta a questa narrazione, che è una sorta di biografia di Mario Valente, da due elementi e cioè prima di tutto dal fatto di vivere a Trieste, città di confine e multiculturale, ma al centro di quelle drammatiche vicende della storia italiana che vanno dall’inizio della seconda guerra mondiale fino al 1954 quando Trieste fu definitivamente assegnata all’Italia, ma poi anche per essere legata sentimentalmente al figlio del protagonista di questa vicenda, che è tutta all’interno della storia dell’Istria.
Il romanzo è condotto con molta delicatezza e attenzione, favorita dal fatto che la scrittrice non è di origine italiana e riesce quindi a cogliere i fatti con un cero distacco senza molte implicazioni di partigianeria politica. Sarebbe stato facile cadervi perché gli episodi fondamentali presi in esame sono il ritrovamento nel ’43 della foiba di Vines, nella quale furono ritrovati poco meno di un centinaio di persone, fra i quali qualche donna e qualche tedesco, e la fuga da Pirano a Trieste della famiglia Valente. Ambedue questi episodi avrebbero potuto rinfocolare odi e rancori nei confronti dei serbi che erano stati in un caso gli autori diretti dell’eccidio di tante persone e poi successivamente dopo la guerra avevano reso poco sicura la permanenza degli italiani nella regione istriana assegnata dagli alleati alla Jugoslavia. Ciò su cui la scrittrice insiste è il fatto che la guerra va a colpire anche le persone più semplici e meno compromesse in posizioni di appartenenza politica. I Valente non vengono coinvolti nelle lotte fratricide fra fascisti e comunisti da una parte e fra italiani e serbi dall’altra ma la loro vita è fortemente alterata e squassata dai fatti che accadono anche dopo il rinvenimento della foiba. Chi viene preso e non ritorna, la continua fuga degli italiani verso Trieste che lascia presupporre una generale insicurezza, la precarietà della vita che si conduce. Questi fatti portano a scelte anche drammatiche. La suocera di Mario Valente preferirà suicidarsi piuttosto che intraprendere la via dell’esilio, fatto che dimostra un attaccamento al territorio di nascita molto sentito.
Un altro aspetto che denota la delicatezza con cui viene trattata la biografia di Mario Valente è l’insistenza sulle condizioni di povertà di quest’uomo che orfano di padre all’età di 9 anni deve fare di tutto per poter aiutare la mamma a mantenere una famiglia fatta di tre donne e solo lui bambino-ragazzo unico maschio della famiglia.
Da questo punto di vista c’è uno iato fra il peritesto (copertina e titolo con sottotitolo) che preludono ad un testo storico incentrato su foibe ed esodo, mentre invece il romanzo è più ampio e completo; il fatto delle foibe è trattato solo in un beve capitolo, importante ma non eccessivamente preponderante nella organizzazione e struttura della narrazione. Anche l’esodo non è descritto nel suo farsi, ma se ne vede specialmente l’esito finale cioè la vita in Italia e a Trieste in particolare.
Ancora una volta è da sottolineare la padronanza linguistica e la ricchezza terminologica che la scrittrice di origine indiana possiede.
15-03-2016