Recensioni

La casetta del porcospino

 

Branko Copic
La casetta del porcospino –
traduzione di Luci Žuvela e Manuela Orazi
progetto editoriale a cura dell’Associazione Lipa www.lipalipa.it

ubax cristina ali farah

Può un libro ambire al ruolo di costruttore di pace? È il sogno ambizioso del progetto che ha visto la pubblicazione della preziosa favola La casetta del Porcospino, emblema di una ricomposizione pacifica che può aver luogo solo attraverso il riconoscimento dei valori archetipici e universali comuni alla natura umana.
“Talvolta è necessaria una tragedia per rendere visibile una letteratura” ha detto con una punta di rammarico Pedrag Matvejevic, autore della prefazione dell’opera. Letteratura che può ben essere rappresentata dai versi che narrano la delicatissima ed efficace favola del porcospino, frutto della creativa ironia di Branko Copic, uno dei maggiori narratori bosniaci.
Piccolo e coraggioso, tondo e impenetrabile, il porcospino, in questa favola, è anche in grado di leggere. L’intera vicenda prende avvio da un invito a cena da parte dell’astuta volpe, invito scritto e consegnato da un postino. Il piccolo personaggio che parte leggendo veicola il valore racchiuso nel messaggio scritto e nel potenziale di libertà in esso racchiuso.
La favola fu pubblicata a Belgrado nel 1949, data emblematica che vedeva la diffusione sempre più capillare di testi per l’infanzia in cui, in nome di una pedagogia volta a diffondere i principi ideologici dello stalinismo, si vedeva sempre più sacrificato il valore estetico e letterario delle opere. Belgrado divenne la capitale letteraria dell’Europa dell’est, offrendo la possibilità di espressione a quegli artisti ai quali altrove era proibito pubblicare.
L’avvicendarsi ritmico dei personaggi del bosco che nel corso della favola si uniscono ai primi costituendo quasi una struttura a gomitolo, ricorda molte storie antiche e presenti, riportando alla memoria il fatto che le favole così come le religioni, nelle parole di Matvejevic, provengono dall’Oriente.
Basti pensare che questo personaggio cosmopolita ed antichissimo fu citato già nel I secolo d.C. dallo scrittore latino Plinio per la sua attitudine a rotolarsi sulla frutta caduta dagli alberi che rimaneva impigliata nei suoi aculei e di cui successivamente si cibava.
Ritroviamo quella stessa attitudine all’intelligenza in una favola delle Mille e una notte, Lo sciacallo e il porcospino, in cui il primo esorta il secondo ad una gara di velocità per raggiungere un pezzo di carne. Il porcospino propone astutamente di sostituire questa gara di abilità: invece del più veloce avrebbe vinto il più vecchio tra i due. Sicuro di vincere lo sciacallo dice di essere nato quaranta mila anni prima che Allah creasse il mondo, provocando il pianto ininterrotto del porcospino. Perché piange il piccolo avversario? Così dolorosa è stata per lui la sconfitta? “Piango” risponde il porcospino “perché mi hai fatto ricordare che proprio in quei giorni morì il mio quinto figlio”
Un piccolo eroe saggio e pacato in cui i bambini possono identificarsi più felicemente che con i giganti.
È un buon auspicio che questa storia sia finalmente riproposta dopo anni di conflitto e, se è vero che tradurre una fiaba è come costruire un ponte, Luci Žuvela e Manuela Orazi, nella loro straordinaria traduzione e con la tenacia con cui hanno portato avanti il progetto doneranno sicuramente un nuovo messaggio di pace alla memoria di molti altri bambini.

Si ringrazia Vinicio Ongini per i riferimenti alla tradizione favolistica

Dicembre 2004

L'autore

ubax cristina ali farah