Recensioni

La grande casa di Monirrieh

Bijan Zarmandili
La grande casa di Monirrieh
Feltrinelli 2004

raffaele taddeo

 

Il finale del bel romanzo di Bijan Zarmandili pone subito l’interrogativo se le vicende raccontate non siano una grande metafora della situazione iraniana attuale e della sua storia negli ultimi 30 anni.

La narrazione parla dei ricordi di una figlia dopo la morte della madre Zahra; si struttura quindi a partire da una persona morta, il personaggio del romanzo che ha compiuto il suo percorso di vita all’inizio della storia.

Le memorie della figlia di Zahra si riferiscono ad episodi vissuti,  ma anche a confidenze ricevute dalla madre.  I limiti temporali partono dal periodo in cui regnava Reza Khan, fino alla situazione attuale, ma concentrando l’insieme delle vicende più importanti nel momento del passaggio tra la monarchia e l’ascesa di Komeini al potere.

La libertà che Zhara si conquista da giovane, la sua intemperanza di fronte alle tradizioni religiose, la sua autonomia di decisione nella scelta delle persone da amare,  rifiutando la tradizionale imposizione genitoriale, l’andare al di là dei costumi religiosi e sociali per stabilire un contratto matrimoniale, ci fanno intravedere un momento storico in cui si era stabilita una dialettica fra la società e il potere, ove la società, nella sua parte avanzata, ormai viveva  e sperimentava una emancipazione di vita, data da una acquisita laicità.

La corruzione del potere, il suo tradimento perpetrato nei confronti della emergenza sociale ha condotto a una involuzione, alla sconfitta di tutte le illusioni.

Il processo dialettico  non   è stato progressivo, anzi si  è rivelato regressivo, o almeno così può apparire da una certa visuale.

Il rapporto fra Zahra e suo marito sembra proprio la rappresentazione metaforica delle forze dialettiche fra società e potere politico prima dell’avvento di Komenini. Zahra corrisponderebbe alla società che si affanna ad emanciparsi e che si illude di poter perseverare in questa ricerca fino al limite della totale autodistruzione.  Il marito di Zahra, mai nominato per nome, potrebbe rappresentare l’incapacità del potere di legare responsabilmente la propria vita alla società e che alla fine non può che essere tradito da quest’ultima.  Anche lo sviluppo successivo della vicenda  può essere letto come una metafora della storia così come si è sviluppata in Iran a partire dalla rivoluzione komeinista.

La società deturpata nella figura delle condizioni di Zahra, il pentimento di quest’ultima di  aver tentato una rivoluzione le cui conseguenza sono visibili si di lei, la sua morte, l’eredità di lucida visione laica lasciata alla figlia nel continuare quasi la sua missione progressiva fallita.

Anche la storia di Zahra con il giovane rivoluzionario  Hassan, morto nel corso di una  sparatoria della polizia, può essere letta metaforicamente.

Il romanzo, in linea con la  forma narrativa oggi maggiormente in voga, è organizzato, cioè mediante scene di breve durata che rendono snella la lettura e progressivamente coinvolgono il lettore. Anche la scansione temporale, proprio perché data da ricordi e flash-back, non è mai totalmente lineare creando così nel lettore l’attesa e il desiderio di andare ancor più a ritroso e di scoprire fatti  significativi.

Il testo può anche essere visto come uno spaccato illuminante delle aspirazioni, delle illusioni di generazioni di giovani iraniani, tradite nelle loro aspettative, ma anche incapaci di volgere a proprio favore circostanze storiche difficilmente ripresentabili.

Il testo di Zarmandili   riesce a farci conoscere, attraverso la storia, la dinamica, il mistero della società iraniana, così diversa dalla società occidentale, ma anche diversa da quella   araba. Ci presenta una società in cui il rapporto occidente-oriente è più dialettico di quanto si possa credere.

 

08-02-2006

 

 

L'autore

Raffaele Taddeo

E’ nato a Molfetta (Bari) l’8 giugno 1941. Laureatosi in Materie Letterarie presso l’Università Cattolica di Milano, città in cui oggi risiede, ha insegnato italiano e storia negli Istituti tecnici fin dal 1978. Dal 1972 al 1978 ha svolto la mansione di “consulente didattico per la costruzione dei Centri scolatici Onnicomprensivi” presso il CISEM (Centro per l’Innovazione Educativa di Milano). Con la citata Istituzione è stato coautore di tre pubblicazioni: Primi lineamenti di progetto per una scuola media secondaria superiore quinquennale (1973), Tappe significative della legislazione sulla sperimentazione sella Scuola Media Superiore (1976), La sperimentazione nella scuola media superiore in Italia:1970/1975. Nell’anno 1984 è stato eletto vicepresidente del Distretto scolastico ’80, carica che manterrà sino al 1990. Verso la metà degli anni ’80, in occasione dell’avvio dei nuovi programmi della scuola elementare, ha coordinato la stesura e la pubblicazione del volumetto una scuola che cambia. Dal 1985 al 1990 è stato Consigliere nel Consiglio di Zona 7 del Comune di Milano. Nel 1991 ha fondato, in collaborazione con alcuni amici del territorio Dergano-Bovisa del comune di Milano, il Centro Culturale Multietnico La Tenda, di cui ad oggi è Presidente. Nel 1994 ha pubblicatp per il CRES insieme a Donatella Calati il quaderno Narrativa Nascente – Tre romanzi della più recente immigrazione. Nel 1999 in collaborazioone con Alberto Ibba ha curato il testo La lingua strappata, edizione Leoncavallo. Nel 2006 è uscito il suo volume Letteratura Nascente – Letteratura italiana della migrazione, autori e poetiche. Nel 2006 con Paolo Cavagna ha curato il libro per ragazzi "Il carro di Pickipò", ediesse edizioni. Nel 2010 ha pubblicato per l’edizione Besa "La ferita di Odisseo – il “ritorno” nella letteratura italiana della migrazione".
In e-book è pubblicato "Anatomia di uno scrutinio", Nel 2018 è stato pubblicato il suo romanzo "La strega di Lezzeno", nello stesso anno ha curato con Matteo Andreone l'antologia di racconti "Pubblichiamoli a casa loro". Nel 2019 è stato pubblicato l'altro romanzo "Il terrorista".