Supplementi

L’amore scritto – Sara Favilla

Dalla feconda penna di Julio Monteiro Martins quarantaquattro modi di declinare la parola amore, quarantaquattro riflessioni narrate e confidate al lettore con passione, spirito di osservazione e grande sapienza letteraria, in perfetto stile Monteiro Martins.
Naturalmente il ventaglio di possibilità con cui tale sentimento si manifesta è molto ampio e da sempre argomento al centro dell’attenzione, in tutte le letterature del mondo. Ma qui non si corre alcun rischio di banalizzazione e ripetizione manierata di quanto già non abbiamo letto o sperimentato: l’imprevedibilità della fantasia e della scrittura ci tengono incollati al libro fino all’ultima pagina. E proprio la scrittura nel suo farsi diventa primo tra i protagonisti di questo compendio, non a caso il titolo stesso è già una spia di questa particolare attenzione e del ruolo speciale che riveste la scrittura, in una sorta di circolo metanarrativo virtuoso che va dalla scrittura al testo e dal testo alla scrittura. Monteiro Martins stesso descrive la propria scrittura come “dolore liricizzato” per la sua tendenza a focalizzare costantemente sul senso della perdita, della vita  che è passata e che è andata perduta. Non si tratta di una visione idilliaca e arcadica dei rapporti umani, ma di un percorso che inevitabilmente porta con sé un’evoluzione che è anche dolorosa. Il punto nodale di quest’opera è che si dà voce e si mettono in primo piano svariate forme d’amore che non vengono percepite come tali, in quanto non sono canoniche. Mi riferisco in particolare a “Liberazione” in cui il personaggio si innamora di una ragazza molto più giovane di lui e diventa quasi ossessionato dal suo sorriso che in verità non è propriamente un sorriso normale, ma una mancanza dei denti incisivi, ciò che sarebbe normalmente considerato una cosa brutta, ripulsiva, spaventosa e di cattivo gusto, ma che per lui invece è un’ immagine sessualmente impellente, una botta di istinto (a causa della debolezza intrinseca alla povertà che l’immagine rappresenta, e che gli cancellerebbe la paura delle donne forti, così frequente tra gli uomini d’oggi? Un legame inconscio tra il degrado fisico della donna e il suo senso di potere? Chissà?):

 Il saperle quel difetto non è riuscito a prevalere sulla sua immagine. Lei era bellissima, e c’era un’inspiegabile armonia tra quella mancanza fisica e il resto del suo corpo. Ma come era possibile, se io ho sempre dato tanto valore ai denti nella composizione della bellezza di una donna?

 “Il terrorista” in cui il pregiudizio razziale e culturale provoca la totale distruzione di una famiglia di immigrati a causa di una paranoia collettiva, di una isteria ideologica anti-islamica che infesta l’Europa moderna, innescando altresì la scintilla di un nuovo amore:

  • Ma cos’hai fatto? Sai benissimo che non ho mai conosciuto nessun terrorista in vita mia, e che non ne so proprio niente, io.
  • Lo so, Amir. Lo so, tesoro… Ma capisci? Io ero disperata. Non sapevo più cosa dire, che balle raccontare a mio marito. È mille volte meglio che lui pensi che io ti veda di nascosto a causa di certi tuoi legami politici…
  • Ma quali legami?
  • Posso finire? Allora, è meglio che lui pensi questo, piuttosto che scopra la nostra storia.

  “La gattara”, un racconto fatto solo di dialoghi, in cui una donna si prende cura delle persone a cui tiene proprio come fa la gattara con i gatti randagi: in realtà su un secondo livello di lettura ci accorgiamo che lei dona, sì (soprattutto lavoretti precari, piccole fonti di reddito supplementare per i suoi protetti) ma soprattutto prende da questi uomini (sempre artisti un po’ sfigati, o in un momento di insuccesso e oblio) il senso della propria esistenza, la costruzione della propria identità. È l’essenza dello spirito del “mecenate”, uno spirito antico, classico aiutandole a emergere nella professione e infondendo loro fiducia, ottimismo e calore umano:

  • Vuoi scrivere dei dialoghi per uno spettacolo? È una sorta di musical sugli immigrati in Italia. Una sorta di West Side Story nostrano.
  • Quanto pagano?
  • Pagano bene, vedrai. Ti dirò io quanto devi chiedere. Ti va di farlo?
  • Certo che mi va di farlo! Anzi, è arrivato proprio al momento giusto. Ero qua che cercavo di inventarmi un modo per pagare il prossimo affitto.
  • Ti telefono io per dirti quando potrai andare a trovare il regista. Forse potreste lavorare insieme.

Molto interessante e sicuramente degna di attenzione è l’elaboratissima struttura narrativa che funge da telaio ideale in cui si articola il mosaico dei vari episodi. La macrosuddivisione in tre sezioni – Oro, Incenso e Mirra – rimanda immediatamente e naturalmente all’idea biblica del dono, e sicuramente questo è uno degli aspetti fondanti. Ma c’è molto di più: è una tripartizione che concerne tanto la forma quanto i contenuti, in un originalissimo andamento triadico.

Riguardo alla forma, si osserva che ogni sezione ha la stessa struttura: ciascuna inizia con un racconto breve, poi propone un racconto “italiano” e a seguire uno “internazionale”.
A tal proposito non si può tralasciare l’omaggio che Monteiro Martins fa alla sua terra brasiliana citando alcuni passaggi di uno dei tre racconti di ambientazione brasiliana, a mio avviso molto bello: “Le galline della Vergine Maria”.

 […] Il cerchio della luna piena contrastava con i rettangoli che mi circondavano, come se io fossi stato prigioniero della tela di un Mondrian arteriosclerotico e povero, al quale avessero concesso solamente un unico tono di colore sulla tavolozza.
L’ispirazione paesaggistica scaturita dal chiaro di luna mi fece ricordare le storie dell’infanzia che la mia giovane amante mi aveva raccontato la notte precedente, la testa poggiata sul mio petto: “nella fazenda dove io abitavo c’erano piantagioni di aranci. Mi piaceva mangiare i piccoli delle tortore che levavo dai nidi sui rami degli aranci. Avevano carne solo nel petto. Erano squisiti da mangiare. A volte ne mangiavo più di venti. Però, quando mia madre lo scopriva, mi dava le botte, e mio fratello  diceva che non avrebbe più giocato con me per quello che facevo agli uccellini. Finché mia sorella più grande un giorno mi chiamò e mi disse che quello che facevo era peccato perché le tortorine sono le galline della Vergine Maria. Mi raccontò che quando Caipora fece uccidere tutti i neonati, la Madonna fuggì nel deserto con Gesù Bambino, e le tortorelle la seguirono, cancellando le impronte lasciate sulla sabbia perché i soldati di Caipora non li trovassero. Per questo, chi uccide le piccole tortorine fa una cosa molto brutta. Se loro morissero, chi impedirebbe a Caipora di uccidere Gesù Bambino? Così, non ho più mangiato i piccoli delle tortore. Succhiavo solo gli ovetti che trovavo, ed era bello lo stesso.”
Al mattino presto alcune tortore sarebbero venute a tubare sul mio terrazzo, le “galline della Vergine Maria”, oggi in minoranza, erano state sostituite dai passeri che i portoghesi portarono dall’Europa perché mangiassero le larve patogene proliferanti nello sterco dei cavalli. I passeri avevano la pessima abitudine di prendere d’assalto i nidi degli altri uccelli, come le galline della regina Dona Maria La Pazza, distruggevano le uova delle tortore e dei ben-te-vis per depositarvici le proprie, molte volte covate dalle femmine ingannate di un’altra specie. Pensai tra me: può darsi che anche la mia giovane amante sia una femmina ingannata di un’altra specie?

 Sono tre strutture formalmente speculari, ma l’unicità è data dai contenuti: in Oro è forte il senso della preziosità e del sentimento amoroso e sensuale; in Incenso prevale invece il senso della memoria e del misticismo, mentre in Mirra abbiamo la tristezza, il sentimento della fine, della morte.
Ma in realtà ogni sezione è imprescindibile dall’altra; è la metafora della vita, che comincia con una splendida alba luminosa e ci accompagna, frammento dopo frammento, fino all’ultimo tramonto.

 

L'autore

Sara Favilla