Recensioni

Poema dell’esilio

Gezim Haidari
Poema dell’esilio
Besa    2007

raffaele  taddeo

Sono sassi quelli che Gezim Haidari lancia contro l’Albania, in tutte le sue forme politiche, sociali, economiche. Il poema dell’esilio è una continua invettiva per smascherare, denunciare le malefatte che avvengono  al di là dell’Adriatico. La forza espressa dai versi è ancora dura perché  il poeta ha sperato che la caduta del regime comunista portasse ad un rinnovamento, ad una rinascita del paese.  E lui ha profuso energie ed inventiva per dar corpo a movimenti, partiti che dessero, che portassero nuova linfa, portassero nuova eticità, nuovo senso di giustizia nella sua patria. Purtroppo  ha dovuto, invece, constatare che la vecchia nomenclatura ha cambiato solo i panni e si è ripresa tutto il potere, non solo politico ma anche economico, portando sempre più alla  fame il popolo albanese, incapace di opporsi e di far rispettare la propria dignità.
Il poeta si scaglia contro tutti, a qualunque parte politica  possano appartenere. Non sono risparmiati ministri, politici o uomini di cultura, artisti , letterati, poeti: tutti accusati di servilismo.
La forza con cui inveisce ci  lascia davvero stupiti per il coraggio che dimostra, incurante di possibili ritorsioni e consapevole che la missione   del poeta è proprio quella di dire la verità e non sottrarsi  alla responsabilità della più scabrosa denuncia.
E’ un poema ove metafore e simboli sono molto diluite, perché vuole essere prima di tutto diretta espressione di verità.
Contrapposto alla situazione di disordine sociale sta la conclamata affermazione della necessità dell’esilio.
Gezim Haidari si sente un poeta esiliato, non tanto perché materialmente   costretto a vivere fuori dalla sua patria,  quanto perché ha consapevolmente scelto  l’esilio come la risposta più efficace e più corretta di fronte al malcostume   esistente in Albania.
La struttura  poetica è composta da  322   strofe di 5 versi ciascuna  inframmezzate di tanto in tanto da  un singolo verso, che rappresenta una  variazione poetica  nell’invettiva: una sorta di lamentazione sulla condizione a cui è ridotta la sua patria.
In tutto 1646 versi; opera quindi poderosa sul piano dell’impegno e della fatica elaborativa.
Generalmente i primi quattro versi della strofa sono piuttosto lunghi, solo il quinto   si abbrevia in un verso simile, contratto e ripetuto in una sorta di anafora,   che ricorda la  scelta  di ricorrere all’esilio e di viverlo come antitesi alla distruzione della sua patria.
Questo poema rappresenta un rovesciamento del salmo 137 della Bibbia, perché la elaborazione poetica, la sua forza, la sua libertà di espressione nasce proprio dall’esilio. La cetra del poeta non si è inaridita perché lontana dalla sua terra, ma anzi si è irrobustita e si è innalzata.

13-04-2007

L'autore

Raffaele Taddeo

E’ nato a Molfetta (Bari) l’8 giugno 1941. Laureatosi in Materie Letterarie presso l’Università Cattolica di Milano, città in cui oggi risiede, ha insegnato italiano e storia negli Istituti tecnici fin dal 1978. Dal 1972 al 1978 ha svolto la mansione di “consulente didattico per la costruzione dei Centri scolatici Onnicomprensivi” presso il CISEM (Centro per l’Innovazione Educativa di Milano). Con la citata Istituzione è stato coautore di tre pubblicazioni: Primi lineamenti di progetto per una scuola media secondaria superiore quinquennale (1973), Tappe significative della legislazione sulla sperimentazione sella Scuola Media Superiore (1976), La sperimentazione nella scuola media superiore in Italia:1970/1975. Nell’anno 1984 è stato eletto vicepresidente del Distretto scolastico ’80, carica che manterrà sino al 1990. Verso la metà degli anni ’80, in occasione dell’avvio dei nuovi programmi della scuola elementare, ha coordinato la stesura e la pubblicazione del volumetto una scuola che cambia. Dal 1985 al 1990 è stato Consigliere nel Consiglio di Zona 7 del Comune di Milano. Nel 1991 ha fondato, in collaborazione con alcuni amici del territorio Dergano-Bovisa del comune di Milano, il Centro Culturale Multietnico La Tenda, di cui ad oggi è Presidente. Nel 1994 ha pubblicatp per il CRES insieme a Donatella Calati il quaderno Narrativa Nascente – Tre romanzi della più recente immigrazione. Nel 1999 in collaborazioone con Alberto Ibba ha curato il testo La lingua strappata, edizione Leoncavallo. Nel 2006 è uscito il suo volume Letteratura Nascente – Letteratura italiana della migrazione, autori e poetiche. Nel 2006 con Paolo Cavagna ha curato il libro per ragazzi "Il carro di Pickipò", ediesse edizioni. Nel 2010 ha pubblicato per l’edizione Besa "La ferita di Odisseo – il “ritorno” nella letteratura italiana della migrazione".
In e-book è pubblicato "Anatomia di uno scrutinio", Nel 2018 è stato pubblicato il suo romanzo "La strega di Lezzeno", nello stesso anno ha curato con Matteo Andreone l'antologia di racconti "Pubblichiamoli a casa loro". Nel 2019 è stato pubblicato l'altro romanzo "Il terrorista".