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ricordi – franca Dumano

Julio, parole in divenire.

Scrivo questo breve ricordo di Julio Monteiro Martins evidenziandone innanzitutto l’originalità: il coesistere in lui dello spessore e della complessità di intellettuale con la semplicità e l’immediatezza della persona. Affascinante armonia espressa in un linguaggio speciale, multiculturale, un linguaggio di frontiera di un uomo che di frontiere ne aveva attraversate tante, reali e simboliche.
L’incontro con Julio è stato per me una grande lezione di umiltà e disponibilità: incontrato come “docente”, apprezzato come maestro e amico , e ora , purtroppo, rimpianto.
Prosa, poesia, teatro, racconto, romanzo: forme diverse di una poetica in divenire. Frammenti di romanzo, romanzo in racconti, racconti brevi, metaromanzi, antiromanzi, poesia narrativa: linguaggi da costruire, standards da superare per esprimere i termini di un cambiamento globale. Uno stimolo continuo alla riflessione e alla crescita, una miniera di possibilità di riflessione e di sfumature della lingua. L’esilio, la migrazione, il cambiamento ritratti nella letteratura migrante- di cui era acuto studioso oltre che illustre esponente – permettono di evidenziare un tratto estremamente significativo della sua opera e la sua poetica: il passaggio, la continua trasformazione.
Brillante intellettuale e acuto osservatore della realtà politica e sociale, ne individuava i tratti salienti e i punti nevralgici ritraendoli in racconti brevi, spesso brevissimi, un genere “ in sintonia con la sensibilità frammentaria del nostro tempo” o in versi al confine con la prosa.
Una prosa che racconta magistralmente il tema della migrazione come metafora dell’unico vero viaggio che ogni essere umano compie, all’interno di se stesso. Viaggio geografico, esistenziale, letterario, stilistico. Emblematico di questo stile di narrazione è il gioiello ”Madrelingua”- antiromanzo in cui frammenti metaletterari descrivono brandelli (e rovine) ideali, linguistici e progettuali della nostra epoca, assopita dal consumismo devastante, esplodono oltre i confini della forma romanzo e compongono qua e là caleidoscopi di luci , colori, possibilità, (il desiderio ossessivo di Salvo di sfuggire al berlusconismo appiattente si realizza in un viaggio in Colombia).
L’esilio di Salvo rispecchia quello di Julio Monteiro Martins dal Brasile degli anni 90 ( definito da lui stesso come “una sorta di suicidio amministrato”) in cui si era riaffermata la democrazia dopo la dittatura militare, ma mancavano spazi culturali e politici anche nella sinistra – oligarchica e chiusa – e le speranze di cambiamento annegavano nella corruzione.
Le parole si sfrangiano, allentando i vincoli e ricompattandosi in altra forma, in poesia.
Una poesia che parte dal confine dove si ferma la narrativa ed esplora il magma ribollente dell’inconscio, evoca temi ancestrali, arcaici, simbolici; una poesia di emozioni. Una poesia che nel silenzio del deserto, all’alba, attende la fioritura di un rigoglioso giglio sul cactus più brutto per ritrarne la bellezza.
Una poesia di ricerca, che supera le facili metafore, come quella delle finestre e che se ne infischia del marketing, come del resto tutta l’opera di Monteiro. Versi spontanei, profondi, alimentati dal ricordo della voce materna che legge Eliot , Auden e Dickinson e da ancestrali venature indios e africane.
Una poesia scomoda, impegnata nella critica della realtà e nella ricerca del cambiamento .“Sono il poeta che ha deciso di non mentire, il poeta impopolare/ a cui poco è rimasto /da dire./Tre o quattro cose/tutte cose tristi/ tutte cose vere/.” Una poesia profonda che esprime il senso autentico della scrittura, al di la della cifra stilistica, una riflessione articolata contenuta anche nellopera che uscirà postuma “la macchina sognante” con ulteriori stimoli stilistici: una raccolta di citazioni, detti, aforismi di scrittori celebri , costruita su un “gioco” di domande di Milva Maria Cappellini e “risposte “di Julio Monteiro.
Una poesia intrisa di nostalgia “per la grazia di casa mia”, una casa fantastica da cui il distacco è annunciato in una triste profezia “esalare l’ultimo respiro/in lontananza/ eternamente assente/ dalla grazia di casa mia”.
Un testamento stilistico, oltre che spirituale, di creatività : maggiore flessibilità fra i generi, un vero e proprio rimescolamento, una scrittura sempre più flessibile “più vicina all’essenza del pensiero umano”. Una scrittura in divenire.

L'autore

franca Dumano