Candelaria Romero
Salto mortale
LietoColle 2014 € 13,00
raffaele taddeo0
Silloge composita, articolata su più e varie tematiche quella in cui Candelaria Romero ha raggruppato le sue poesie anche e forse per facilitarne la lettura, per rintracciare i momenti della sua vena ispirativa, per ispezionare il suo campo di azione poetica. La prima, seconda e ultima poesia diventano quasi una dichiarazione poetica proprio per questa silloge più che per la sua più autentica e più profonda poiesis. Dichiarazione poetica che non è per nulla una una diminutio rispetto ad altre matrici più nascoste e perciò meno apparenti che tuttavia appaiono qua e là sfuggite quasi inconsapevolmente.
L’incipit di questa raccolta Nel circo del mondo ci avverte che “china nera”, cioè segni, linee, ma più probabilmente lettere, parole adoperate per unire cielo e terra sono accolte sul “foglio bianco” come fosse “una rete” capace di permettere al poeta di compiere il salto mortale, perché unire cielo e terra necessita di forza, coraggio, spregiudicatezza proprio come avviene nel circo quando col fiato sospeso si sta a guardare l’acrobata che si appresta a lanciarsi lasciando in un momentaneo panico lo spettatore che teme sempre che qualcosa possa non andare per il verso giusto. Nell’ultima poesia viene ribadita proprio questa necessità di coraggio e temerarietà.
La seconda poesia è un po’ più ermetica. Vi è un cambio di soggetto fra prima e seconda strofa che rende più ardua l’interpretazione. L’io poetico sembra cogliere novità nella sua ispirazione, respirando brezza e bussando alla porta da cui riceve aria nei propri polmoni. Ma nella seconda parte sono le parole, quasi altro dal poeta stesso, che incidendole su uova dorate ve le depone. Tuttavia esse acquistano autonomia perché “abissali, sperdute riprendono strada”.
Mi sono soffermato forse un po’ lungamente su queste dichiarazioni poetiche intanto perché ogni silloge, a qualunque poeta appartenga riporta quasi sempre l’intenzionalità creativa, che spessissimo rivela l’autentica vena generativa della poesia, ma altre volte la vela, la offusca forsanche perché ottenebrata allo stesso poeta.
Alcuni nuclei fondamentali emergono dopo attenta lettura: 1) una poesia della memoria, della nostalgia; 2)una poesia della fisicità; 3) una poesia della carnalità e sensualità; 4)una poesia degli affetti familiari, a volte strettamente connessa alla precedente; 5) una poesia che potrei definire rabdomantica perché scopre qua e là nella realtà nascosta autentici momenti ispirativi.
La poesia della memoria, nostalgia riguarda specialmente quella che trova nella Svezia, sua seconda patria, dopo la trasmigrazione dall’Argentina, momenti di ricordo e di affetti leganti e indissolubili quali solo una esperienza infantile può mantenere anche e proprio più profondamente e tenacemente. Non è un caso che spesso questi ricordi sono associati anche al riaffiorare della lingua svedese, riacquisita proprio sul piano della versificazione, del suono direi (l’anagramma della sonorità nella poesia Ritorno ad Astrid mette in luce una enorme frequenza del suono ‘ar’, la cui radice, non vorrei sbagliare, ha il significato di terra, quindi con un legame profondo fra suono e infanzia, territorio).
La poesia della fisicità, richiama nervi, azioni, in costante e continuo equilibrio di ricerca di altezze insormontabili come cattedrali o profonde come canti gregoriani.
Più complessa, più struggete, perché spesso legata all’inconscio, all’inconfessabile è la poesia che ho chiamato della carnalità e/o sensualità. Si prenda la poesia Cheta che si apre con una aggettivo , dolce, riposante, ma già al terzo verso abbiamo “non aver paura/ del fruscio del sangue”, che ci porta in una dimensione più conturbante perché poi è un sangue che “inonda”. Ci si può richiamare alla tranquillità, ma, l’effluvio del sangue che lo si descrive nel suo attraversamento del corpo, certamente non rasserena. La poesia “Iud” ci cala in una dimensione di forte ancestralità per quel diventare terra madre dopo aver assunto i mezzi meccanici per impedire la fecondità. La carica di sessualità, oltre poi che con la poesia sul ciclo mestruale si ripresenta in tutta la sua forza con quelle dedicate alle cagne fameliche di rapporto. Una poesia fa da raccordo fra questa tematica e quella relativa agli affetti familiari ed è Cavallo pazzo dedicata al figlio, perché sembra quasi volerlo trattenere con un legame ombelicale ed la poetessa è alla ricerca disperata di “una distanza”, cioè di una separazione che forse tarda e fa fatica ad arrivare.
Nelle poesie familiari ci sono quelle dedicate alla figlia, quelle in cui è presente fortemente il marito, quelle dedicate alla madre, alla nonna (sarà una reale nonna oi una generica), alla sorella ecc. Sono poesie più tenui e riflessive. Infine il tratto di poesie spurie in cui l’origine ispirativa è varia, dal viaggio in treno ai ricordi mitologici come Penelope o Antigone, dagli annunci economici di domanda /offerta lavoro alla sosta ad una stazione ferroviaria.
La tensione poetica di Candelaria Romero è la costante ricerca per captare e cooptare quel segreto che metta d’accordo il finito con l’infinito, la terra con il cielo, la materia con l’immateriale, la carne con lo spirito, al fine di rendere ogni cosa positiva, ogni cosa degna di essere vissuta perché ha scoperto che “…tutto sta qui/ racchiuso in un disegno antico;/ sabbia e abbraccio celeste/ l’eterna danza a mezz’aria”.
9 febbraio 2015