Anna Fresu
Sguardi altrove
Vertigo 2013 pag.55 € 9,50
raffaele taddeo
La struttura narrativa ha subìto un mutamento consistente nel corso dei secoli, ma mai così intenso come nel XX e XXI secolo. E’ accaduto così nel romanzo come nei racconti che forse più marcatamente manifestano i momenti di passaggi di epoche, di concezioni, di cultura sociale. Ai primordi della storia letteraria le narrazioni erano semplici, esemplari come quelle degli exempla, o dei fabliaux francesi, dopo non molto tempo si è passato a narrazioni più complesse, più articolate, come quelle del Decamerone o de I racconti di Canterbury, che avevano come modello Le mille e una notte. Gli exempla avevano una marcata finalità morale, le brevi narrazioni francesi erano per lo più finalizzate a suscitare il riso ed erano rivolte alla classe medio borghese che si stava creando nel medioevo in Francia. Portandoci ai nostri tempi si può dire che negli ultimi decenni si è assistito alla rinascita e diffusione della narrazione breve, racconti brevi, non solo come lunghezza e quantità di parole, ma come organizzazione di trame e di personaggi, perché questi brevi racconti sembrano piuttosto delle fotografie che non lo sviluppo di una narrazione.
Sembrerebbe quindi quasi un ritorno a quanto si era già posto agli inizi della letteratura italiana e francese, con una significativa differenza e cioè l’assenza di finalità moralistiche o di altro genere.
Anche i racconti di Anna Fresu si pongono sulla stessa linea. Non è un caso perché il racconto breve ha avuto uno sviluppo significativo nel continente americano, da quello degli Stati Uniti ove Raymond Clevie Carver porta la narrazione breve ad elevate forme di poesia, a quello sud americano, in cui però la narrazione breve diventa anche minima, non solo perché può essere assorbita nel filone filosofico del minimalismo ma anche perché il “plot” è ridotto all’essenziale fino alla sua scomparsa. Sono così i racconti di Anna Fresu che pare risentire del clima letterario del paese ove ora vive. Sotto questo aspetto di importanza fondamentale è il racconto inserito in questa raccolta Sguardi altrove dal titolo “Niente” perchè scompare qualsiasi trama esplicita, qualsiasi personaggio, ma il narratore è molti personaggi, dalla bambina perduta nel bosco, alla ragazza morta sotto la pressa, a Maria, madre di Cristo, a una qualunque Maria esistente. Ma ciascun personaggio non ha una sua storia da raccontare perché il solo sapere chi è (“sono? Io?”) epifanizza una storia come ne accadono ogni momento in tutte le parti del mondo. E’ proprio come avviene nella società, nella vita di tutti i giorni in cui si è incapaci di fermarsi su qualcosa che richieda una attenzione maggiore di un secondo. Nella società dei nostri giorni le notizie passano sulle teste delle persone senza che si riesca a prenderne coscienza. Le verità sono frammentate e parziali, sono discontinue e incerte e spesso non sono verità, ma brevi illuminazioni che hanno validità solo nel brevissimo istante e forse e neppure per il singolo. E tuttavia le frammentazioni degli avvenimenti sono cariche di dolore, ansia, angosce, sofferenze. Oggi basta pronunciare o scrivere “palestinese” per evocare terrore, disperazione, morte senza la necessità di raccontare alcunché, perché come l’immagine veicola spesso con intensità intere storie, oggi la sola parola, detta, scritta, nella sua pienezza di senso veicola storie più che se fossero distese, che anzi la distensione ne farebbe perdere il senso più profondo e tragico.
Il racconto “Niente” porta alle estreme conseguenze la forma narrativa del racconto breve, ma tutta la raccolta di Sguardi altrove manifesta la capacità della scrittrice di trattare con maestria la forma della narrazione breve.
Accanto a questi interessantissimi aspetti sono da prendere in considerazioni i personaggi creati nelle singole novelle. Ciò che appare con maggiore chiarezza è la diversità delle microstorie di personaggi femminili e maschili.
Le figure femminili sono spesso usate sessualmente e poi abbandonate o violentate: I personaggi maschili sono meno numerosi, sostanzialmente due, il primo, forse meno poetico, perché vuole insegnare qualcosa il secondo invece esce fuori di senno, inventandosi un omicidio, quando si sente abbandonato dalla sua donna con la quale per anni aveva ballato il tango.
I personaggi femminili son intensamente carichi di poesia, Sono donne che si sono dedicate, ma non hanno potuto esprimere appieno la loro carica d’amore. Così Xiluva, che lascia la sua attività lavorativa, la sua casa per seguire un uomo straniero che poi la abbandonerà perché andrà a sposarsi al suo paese con un’altra. Xiluva avrà un figlio e da questo ricomincia la sua vita. Ilda ha un solo vestito che lava ogni sera e asciuga stirandoselo per andare pulita a scuola. Il ritorno a casa è lungo e viene fatto ogni sera a piedi a volte col buio. Un giorno stanca chiede un passaggio ad un fuoristrada con insegna di organizzazione umanitaria. Non ritornerà né a casa, né andrà più a scuola. I suoi vestiti vengono ritrovati laceri e sporchi di sangue.
Nei racconti di Anna Fresu il narratore si sente compartecipe con la sofferenza delle persone che spesso sono costrette a vita umile, a vita indigente e a fare i più umili lavori, spesso a danno della stessa salute.
La sperimentazione formale non riguarda solo la riduzione della storia breve fino ad annullare le stesse storie e i personaggi, ma investe anche il linguaggio, fatto di frasi semplici, nel tentativo di adeguare struttura linguistica alla tipologia del personaggio che sta trattando. Sperimentazione che diventa più visibile e significativa allorché modula lingua e musica nel racconto Blues.
Sguardi altrove è un piccolo ma bel testo, che induce a riflettere su quello che è la vita oggi.
28 luglio 2014