Giovanna Stefancich e Paola Cardellicchio
Stranieri di carta
EMI, Bologna 2005
Valerio De Cesaris
Stranieri fragili e indifesi, come l’Amina di Younis Tawfik (La straniera, Bompiani 2000), che vede infrangersi ogni speranza in un futuro migliore, dopo un viaggio difficile. Stranieri di carta. Talvolta tenaci, come il venditore di elefanti di Pap Khouma (Io, venditore di elefanti, Garzanti 1990). Talvolta soli, spesso nostalgici. Stranieri che approdano in Italia e in Europa con tanti sogni da realizzare, e qualche volta con una penna in tasca. Un foglio di carta «da sporcare» e una ridda di idee che si accavallano una sull’altra, che premono per essere tradotte in prosa. Paola Cardellicchio e Giovanna Stefancich hanno aperto una finestra sulla «letteratura della migrazione», con un’antologia di testi e alcune proposte di approfondimento. Il loro libro Stranieri di carta(Bologna 2005) dà voce agli immigrati, a quelli che hanno fatto della penna un mestiere, come Tawfik, e soprattutto a coloro che semplicemente hanno qualcosa da raccontare. Se ci si affaccia a questa finestra si resta sorpresi dalla varietà di storie che si affollano tra le nostre strade e le nostre giornate spesso frettolose. Bisogna allora fermarsi un poco a fissare i volti delle donne e degli uomini. Lo vedi quel ragazzo che ti vende le maglie al mercato, sai che ha attraversato il mondo con il cuore in gola? Sai che l’ucraina che assiste tua madre paga gli studi ai suoi nipoti? A volte è stanca, forse triste. Ha lasciato tutto a cinquant’anni per un paese di cui non conosce neppure la lingua, per un lavoro umile e pesante, con una laurea appesa al muro in una fredda stanza a migliaia di chilometri di distanza. Tu l’avresti fatto? Ma quei bambini, come potrebbero altrimenti andare a scuola? Storie di chi si annulla per qualcun altro, vicende di chi ha lasciato tutto e scommette su di sé, di chi a volte vince e a volte perde. Storie di viaggi e solitudini, incontri, scontri, pregiudizi e incomprensioni, successi e insuccessi. Storie di sospetto e di razzismo. Ma anche di sostegno e vicinanza, come quando l’anziano italiano vive grazie alla «badante», e alla fine ci si affeziona come a una figlia. Stranieri di carta narra anche di chi ce l’ha fatta, con l’aiuto di quella vecchia penna un giorno ritrovata. Scrittori immigrati che raccontano principalmente sentimenti. Scrittori italiani che scrivono di migrazione, come Andrea Camilleri o Marco Lodoli. La «letteratura della migrazione» si ritaglia un suo spazio, seppure a fatica. In Europa sono molti gli scrittori immigrati ormai affermati. In Italia pochissimi. Stranieri di carta è diviso in tre sezioni: «Immigrati in Italia», «Immigrati in Europa», «Visti da noi». Sono soprattutto gli stranieri a parlare di sé, a raccontare e a raccontarsi, in tanti libri talvolta sconosciuti e relegati in mercati minori, senza accesso alle grandi librerie. Cardellicchio e Stefancich lanciano un “ponte”, con l’idea che gli stranieri di carta possano essere letti nelle scuole, per favorire la conoscenza reciproca e l’integrazione. La loro piccola antologia è già un utile strumento, che l’editrice EMI diffonderà negli istituti scolastici cattolici. La conoscenza abbatte i muri, e la letteratura può essere un efficace piccone. Per “interculturarsi” e vincere il senso di estraneità verso gli altri che tante volte sbiadisce i molti colori della vita.
20-11-2005