Racconti e poesie

Temene

TEMENE – storia di una guardiana e del Musicista di corte
PROLOGO

MUSICA BATTIATO “LA CURA”.

Un uomo e una donna sistemano lo spazio scenico mentre entra il pubblico. Sul proscenio; una sedia che si trasformerà in scala, un castello giocattolo, una spada, un mazzo di chiavi, un vecchio stereo, una cassa, luci di natale, una fisarmonica, uno sgabello per il musicista. I due si presentano al pubblico.

Musicista e Guardiana
Questo spettacolo parla del corpo.
Che è come una casa o un castello.
Le musiche sono di Battiato (informazione per la SIAE).
Alcune musiche sono invece di Paolo, che non è Battiato.
Il testo è scritto da Candelaria, prendendo spunto dal testo di Patrizia Cavalli, La Guardiana. Una parte del testo è scritto anche da Paolo.
La storia è ambientata in un castello, attorno al quale c’è un bosco antico e impervio.

Possiamo iniziare. Il Musicista si siede e suona la fisarmonica.

MUSICA BOSSA NOVA, PRIMO GIRO.

La Guardiana esce e rientra nello spazio scenico, con  spada in mano.

PRIMA STANZA

Guardiana  Sono la guardiana di questo castello. Vivo qui da sola. Possiedo le chiavi di tutte le stanze, di tutte le porte, cancelli, finestre, portoni e serrature. Sono una custode, una guardiana, ho il controllo di ogni cosa e tengo tutto chiuso a chiave. Non si sa mai, potrebbe arrivare qualcuno.

FINE MUSICA. Rivolgendosi al Musicista.

Ci vuole coraggio per venire fino a qui; prima devi attraversare il bosco, nel buio, sfidare rami che tagliano, spine, mostri. E poi, quando finalmente sei arrivato qui, al mio bellissimo e potente castello marcondirodirondello, che fa pure paura, quanto è grande, ecco, quando finalmente sei arrivato qui, devi avere il coraggio di bussare alla mia porticina. Ma che dico; al mio bel portone! Schiaccia la bambola – principe col ponte levatoio.  Quindi rimango da sola. Sola, in questo enorme e potente castello, pieno di stanze, tutte chiuse a chiave. Non ho il tempo di andare e venire per le stanze e di aprire tutte queste porte. Non so nemmeno quante siano le stanze. Io  uso solo una stanza, quella al pian terreno, la più piccola e pratica. Sono una donna molto impegnata io, ho molte cose da fare e non ho tempo di guardare le altre stanze.  Devo lavorare io. Non posso prendermi cura di tutte le stanze. Non ricordo nemmeno a cosa servano. Sono tutte  piene di cianfrusaglie.

MUSICA FIABE.

In una stanza c’è una bara di cristallo, fa un po’ impressione. In un altra stanza ci sono un sacco di scarpette di cristallo, carine, si vede che c’era la moda del cristallo. Non posso usarle pero, sono tutte spaiate; manca sempre la scarpa destra. Un altra stanza e piena di torsoli di mele ammuffite, una puzza! E poi, in una, ci sono dei vecchi telai e fusi, macchiati tutti di sangue. Che paura. Poi c’è una stanza minuscola, con un lettino mini, e un armadio piccolo, piccolo con vestitini piccoli, piccoli per una donnina alta non più di un pollice o di un mignolo.

Un altra stanza, è tutta vuota e nel bel mezzo, una cassettiera con dentro centinaia di modelli diversi di barbe finta, come quella di babbo natale, ma queste sono tutte blu. Ed io che ricordavo babbo natale con la barba bianca. Insomma; un sacco di cose inutili! Forse è arrivato il momento di buttare via queste chiavi, tanto non li uso. Si, le butterò nello stagno magico vicino al castello. Magari potrebbe saltare fuori dallo stagno un bel ranocchione bagnato, con i muscoli luccicanti, che mi guarda con i suoi bei occhioni e con la sua voce rauca mi dice; “baciami”. Col fiato puzzolente! No, non fa per me!

Sono la guardiana di un grande castello, pieno di belle stanze, che non uso.

Un castello sprecato, direte? Forse sarebbe meglio una piccola casa campestre, come quella di Biancaneve. E se dopo mi ritrovo anche io con sette omuncoli sporchi e sudati che mi chiedono continuamente di pulire, di preparare torte di mele, minestre e di ballare e cantare tutte le sere a squarciagola mentre gli animali del bosco stanno a guardare? No, nemmeno questo fa per me! E poi sono stonata!

Potrei diventare la guardiana di un faro. Una guardiana di un faro di un isola lontana e segreta. Non ci sono molte stanze da pulire in un faro. Non male! Sono la guardiana di un faro: un faro diritto e forte; un vero faro.  

Il Musicista sale sulla sedia, fa il faro mentre suona la fisarmonica.

MUSICA VENTO E POI BOSSA NOVA ACCENNATA.

Un faro. Il faro è forte, sta dritto sulla scogliera. Resiste alle intemperie, alle tempeste, alle onde più alte. Il faro è una sicurezza per gli altri. Un faro si batte per gli altri; segnala pericoli agli altri. Non può lasciarsi andare; forte, duro, compatto. Si fa un mazzo così per gli altri, dalla mattina alla sera. Non può permettersi di lasciarsi andare, non può far entrare ne uscire nulla. Non può permetterselo. Non può aprire nemmeno uno spiraglio, inonderebbe la sua unica stanza dentro. Annegherebbe. Non sa nemmeno come si fa ad aprire, nemmeno una minuscola fessura. È impermeabile. Ma cosa potrebbe accadere se si aprisse? Cosa potrebbe mai accadere se il faro si lasciasse andare? Se si aprisse una fessura? Potrebbe forse entrare un po’ di luce dentro. O forse una brezza che rinfrescherebbe la stanza dentro. Ma un faro non può permettersi questo pericolo. Non può lasciarsi andare. Sono un faro io, forte, duro, avanti cosi!

BOSSA NOVA, FORTE. 

SECONDA STANZA

Sbirciando dentro le finestre del castello in miniatura.

Ogni giorno faccio il giro del mio castello, metto a posto, controllo, pulisco. Ma oggi vedo questa porta. Che stanza sarà? Da un po’ che non ci passavo. Busso? Ma no, ho io le chiavi, sono io la guardiana, no? Allora apro.  È la stanza delle feste. Non ricordavo più di avere una stanza così. Un posto tutto dedicato al piacere.  Ora ricordo. Una volta qui dentro si facevano le feste della corte,  tutto prende vita qui dentro; c’erano i musicisti, le danze, i corpi seguivano il ritmo della musica, c’erano gli odori del cibo, del vino, del sudore dei corpi. Le gonne si sollevavano nella frenesia delle danze, il frastuono delle stoffe, le risate. E poi, i baci rubati. Le festa, una scusa per stare in compagnia, per stare vicini, corpo a corpo, per rubarsi abbracci, baci.

MUSICA ALUETTE.

Apro uno spiraglio, una fessura (non si sa mai) ma una brezza forte mi travolge, non ho nemmeno il tempo di reagire; tento di rimanere composta, cerco di resistere. Non ci si può mica lasciar andare così! Ma la brezza è forte, spalanca ogni chiusura, e senza preavviso, senza biglietto di presentazione, senza preferenze, curriculum, senza certezze, mi prende e mi porta dentro nella stanza. Tutto succede così all’improvviso. Sono stata colta di sorpresa. È vero, non me lo aspettavo. nemmeno il tempo di chiudere la porta. Gli animali del bosco, curiosi, si saranno accostati all’uscio, avranno spiato. Che figura! Chi sa cosa avranno visto.

Il corpo ascolta, la pelle sta in allerta. Sente ogni carezza, ascolta il sussurro del corpo. È successo in un attimo e non saprei cos’è. È bello, va bene? Si può fare? Non so. Ero solo curiosa,  avevo voglia di aprire la porta, l’ho aperta e la brezza … beh, voi direte, mica si fa così, è da maniaci.  Tutto il manuale della perfetta guardiana e andato a farsi benedire! Ma è successo. Lo desideravo, insomma, non siamo mica solo o sante o puttane. Non ci sono dei ruoli di mezzo? Abbiate pietà! Si, d’accordo; imparerò con il tempo. Non mi farò invadere così all’improvviso. L’aria fresca della notte inonda il salone delle feste, la notte entra, fa danzare il corpo. Ecco la luce della luna che entra, ecco i sospiri del bosco.  Finalmente. A volte basta aprire una finestra per far entrare nuova aria, per festeggiare di nuovo il corpo. C’è una festa qui dentro.

Brave guardiani si diventa, non si nasce. Con il tempo si impara l’arte di custodire la propria dimora e di aprire la porta giusta, quando serve. 

TERZA STANZA

MUSICA CANDERO.

La donna delinea lo spazio con le luci di natale.

Musicista Ricordo tutto benissimo, nei minimi dettagli.

Biancaneve; quando sono arrivato alla bara di cristallo, la bara era vuota. Sono andato di corsa alla casa dei nanetti, ma niente. Solo un biglietto. La cena è in frigo, la biancheria da stirare è nel cesto, mi raccomando fai anche un po’ di polvere e ricordati di fare la spesa. Ricorda che Cucciolo è intollerante al grano, che Mammolo prima di dormire vuole le coccole, che Brontolo lo sai com’è, dai lo sciroppo ad Eolo e controlla che Dotto abbia fatto tutti i compiti. Sto via una settimana, forse due… sai… ho bisogno di distrarmi un po’. Ciao tesoro, bacio.

Eh no, così non va. Sulla favola non era mica così. Io sono il principe azzurro, arrivo, bacio la principessa, lei mi abbraccia, andiamo al castello. Okay, proviamo con Cenerentola. Adesso vado alla festa, lei arriva, la invito a ballare, mezzanotte, le scarpette.

Esco di corsa, vado al castello. C’è la festa. Non faccio in tempo ad entrare che mi salta addosso questa ragazza: “Ma si può sapere dove sei stato fino adesso? Lo sai che poi a mezzanotte devo scappare. Senti, le scarpette di cristallo non le ho, ma credo che per te non faccia differenza. Mi davano fastidio ai piedi. Come ci organizziamo per il matrimonio? Ah senti, per il viaggio decido io. Vengono anche mamma e sorellastre. Ah… Mamma poi si fermerà un po’ da noi. Non ti da fastidio, vero? Con tutte le stanze che abbiamo. Per il sesso due volte settimana, non una di più, non una di meno. Ho letto che i giorni ideali sono Giovedì e Sabato. Niente cose strane, però. Io niente pillola che ingrassa. Per i primi tre quattro anni di figli non se ne parla, poi vedremo.

Scocca la mezzanotte, lei non scappa, io sì. Mi resta la Bella Addormentata. Mi dirigo verso il castello, sono armato di spadone, pronto a combattere draghi, tagliare rovi, foreste, piante, cespugli, ma niente. È tutto in ordine. Aiuole perfettamente curate, fiori, il prato tagliato. Arrivo al castello, entro, cerco la stanza, la trovo. Vuota. Trovo un biglietto. Sono scappata con il giardiniere. Ah,  ecco. Divento una bestia, ma me la faccio passare subito, ho chiuso con le favole, e la Bella e la Bestia non mi è nemmeno mai piaciuta. Sono stufo di fare il principe. Ora sto prendendo lezioni di fisarmonica. Vorrei diventare un musicista da corte. Ma si, non ne voglio più sapere di principi e  principesse. Forse un giorno sposerò la guardiana. Chissà… 

QUARTA STANZA

Si sente la canzone “J’entends siffler le train” di Battiato. La Guardiana danza assieme al Musicista. Dopo poco, il Musicista si posiziona sul proscenio e legge il testo della canzone, poi riprende a suonare la fisarmonica.

“Ho pensato che sarebbe stato meglio
lasciarci senza un addio
che non avrei avuto il cuore di rivederti
ma sento fischiare il treno
ed è triste un treno che fischia nella sera

Ero sul punto di correre verso te
ero sul punto di urlare verso te
è una pena che ho potuto trattenere
che è lontano dove vai
ma io sento fischiare il treno
ed è triste un treno che fischia nella sera

Ti posso immaginare tutta sola, abbandonata
sul marciapiede nella folla degli arrivederci
e sento fischiare il treno
Non avrai mai il tempo per ritornare
ho pensato che sarebbe stato meglio
lasciarci senza un addio
ma io penso che ora che tutto è finito
sentirò fischiare il treno per tutta la vita”.

La Guardiana  L’ho dovuto fare. È stata una scelta. Non dovevi, non potevi nascere. Ti chiedo scusa. Non ci sono scuse per chi ha scelto di nascere in questo mondo e poi viene fermato. Fermata.  Chi lo sa se eri donna, uomo. Non lo sapremo mai. Eri nel mio ventre e poi ti ho strappata via. Scusami. Non potevo tenerti. Non chiedermi perché. Le parole non basterebbero. Non ti nomino mai. Non capirebbero. Ma sei li. Mi sei rimasta dentro. Sei vissuta in me e poi sei morta, tutto dentro di me. Non ti ho fatto vedere la luce del sole. Nulla. Ti ho salutata così. L’ho dovuto fare e non mi chiedere perché. È troppo dentro, troppo buio là dentro per sapere. E forse voi non volete nemmeno sentirvelo dire. Anche questo buio mi appartiene, anche questa stanza sotterranea fa parte del mio castello. Questa stanza buia, che odora di sangue, di feto strappato, di lacrime. Anche queste mura fredde e spesse di questa cantina umida e mal odorante, fa parte della costruzione. Non è una bella stanza, ma oggi ci sono entrata. Sono rimasta li nel buio. E sapete cosa ho scoperto? Nel buio ho visto una finestra. L’ho aperta. Ho lasciato entrare la luce e ho lasciato uscire il dolore.

MUSICA NAVIGLIO

Mentre la Guardiana sistema il castello sulla sedia – scala.
Tus ojos son agujeritos negros
para mirar adentro de la noche
puedes entrar de un salto la noche es grande
no se rompe, no se enoja.
Puedes jugar si hay luna con la luna
porque en el medio de la noche hay una vaca
con los ojos enormes, bien abiertos
que te mira y no te dice nada.
La noche es para sonar bastante
puedes sonar si quieres conejos azules
o mariposas o vacas si te gustan.
Si yo pudiera te haria una noche grande
para voz sola en la mitadel dìa
pero la noche viene cuando quiere.

QUINTA STANZA

La Guardiana prende in mano una piccola principessa, la sistema nel castello.

Ogni sette giorni muta la luna. Il settimo giorno della settimana bisogna osservare il precetto del riposo e non si deve produrre nulla.  All’età di sette mesi si mettono i denti da latte, all’età di sette anni li perdi. In due volte sette anni si compie la sua maturità sessuale, sette per tre anni, cresce la barba all’uomo, ogni sette per quattro giorni arrivano le mestruazioni. La gravidanza viene calcolata grazie al supporto del numero sette. Sette per quattro; il culmine della vita. Sette per cinque, l’età del matrimonio. Sette per sei, maturazione della ragione. Sette per sette: quarantanove anni, e cioè, si raggiunge il climaterio. Sette per otto; l’età della contemplazione. Sette per nove; il dominio della passione. Sette per dieci, inizio della fragile vecchiaia.

 

 

 

SESTA STANZA

Guardiana Questo è il mio tetto; corazzato, fatto di mattoni rossi o di pietre. Il mio tetto s’innalza verso il blu. Regge piogge e venti invernali, tempeste ed uragani. È forte ma anche accogliente; si lascia abitare dai nidi d’uccelli migratori. La sua forza sta nelle tegole, nell’incastro tra una tegola e  l’altra, nel miscuglio tra sassi, terra, acqua, argilla e muschio. Puntuto, piatto, non ha importanza; bacia ogni sera l’oscuro cielo.

Musicista Questa è la corazza. Protegge le ance, fa da cassa di risonanza. È il mio petto, dove vibrano le emozioni, dove amore, nostalgia, rabbia, dolore liberano la loro musica.

Guardiana Queste sono le mie pareti; pareti che sono abbracci. Proteggono ciò che deve rimanere al sicuro. Pareti fresche, porose, lasciano trapassare il canto degli uccelli notturni.

Musicista Questo è il mantice: vento, brezza, tempesta. Anima. Respiro. Sono i miei polmoni, alito, soffio di vita. Muove il mio petto. Mi da forza e resistenza.

Guardiana Questo è il mio pavimento, forte anche lui e accogliente, accoglie ogni passo, ogni movimento dentro la casa. Sotto il mio pavimento c’è la terra che sostiene tutta la mia dimora, questo non lo dimenticherò mai. 

Musicista Qui tasti e registri. Note e voce. Sfiorati dalle dita danno melodia, cambiano il timbro. Il suono. Sono le mie parole, i miei pensieri, il colore dei miei sentimenti.

Guardiana Siamo tutti dimore, case, ognuna diversa dall’altra. Abbiamo colori diversi. Siamo piccole o grandi. A volte siamo case solitarie, a volte siamo abituate a stare insieme ad altre case.

Musicista Siamo tutti strumenti, solisti, per orchestra, per accompagnare o per guidare. Ognuno suona una sua musica, una sua melodia, ognuno dona un po’ della sua anima al mondo.

Guardiana Abbiamo bisogno di cure, di manutenzione, altrimenti si sgretolano i nostri muri, l’intonaco , si formano muffa sulle pareti.

Abbiamo bisogno di cure e di essere vissute e non abbandonate a noi stessi.
Abbiamo bisogno di sentire il rumore dei passi sul nostro pavimento.
Abbiamo bisogno di sentire la vita dentro.

Le case hanno qualcosa in comune; tutte le case hanno delle finestre. Possono essere finestre di dimensioni diverse, ma tutte servono allo stesso scopo; a far entrare nuova aria.
A volte capita che apriamo troppo le nostre finestre e si creano pericolose correnti d’aria che fanno sbattere porte e vetri. A volte capita che ci apriamo nel momento sbagliato, mentre fuori ce una tromba d’aria.  VENTO DALLA FISARMONICA
A volte dimentichiamo di aprirle e allora l’aria diventa pesante.
E poi le finestre servono anche per affacciarci al mondo. Dalla finestra posso vedere comodamente il mondo passare davanti a me.
Con il tempo impariamo l’arte di curare la nostra casa. Con il passar del tempo impariamo ad essere buoni custodi buoni delle nostre dimore. 

SETTIMANA STANZA

MUSICA

La donna sistema le luci attorno al castello.

Da quel giorno che sono entrata nel salone delle feste, d’allora è successo un miracolo. Giorno dopo giorno sono entrata in tutte le altre stanze del mio bel castello. Tutte. Sale, saloni, stanze, stanzette, magazzini, mansarde, tettoie, cantine. Ho preso le chiavi, ho aperto le porte e ho lasciato che entrasse nuova aria nelle stanze. Sono ancora una donna molto occupata, ma ogni giorno dedico un po’ di tempo alle mie stanze. Vado e vengo per le stanze; in una, mi fermo e mi siedo a leggere un bel libro, in un’altra entro e saluto con un sorriso le pareti come fossero amiche. In un’altra, sistemo un quadro. Poi scendo le scale, salgo le scale, saluto la ringhiera che tutti i giorni mi sorregge. Trovo piacere nel entrare ed uscire nelle stanze, vado a farle visita senza nessuna pretesa; anche solo per guardare fuori dalla finestra, aprire una tenda, mettere apposto un cuscino. Ho anche iniziato a curare il mio bel giardino. Sono una guardiana di un castello antico e fiorito. Una brezza dolce avvolge ogni angolo del mio castello. Entro ed esco ovunque, quando e come voglio.

Ho scoperto che il problema non è tanto avere un grande castello, tante stanze da curare. Il problema sono le chiavi.  Ora ho imparato ad usarle, non per tenere le porte chiuse, ma per tenerle aperte. Non mi affatico più con i serramenti.

Ho scoperto che il piacere non ha bisogno di chiavi e nemmeno di porte e  che se mai l’avesse, stanno aperte.

MUSICA BATTIATO IL MONDO IN UNA STANZA.

Danza finale del Musicista assieme alla Guardiana.

FINE

L'autore

Candelaria Romero