Parole dal mondo

Ansia d’influenza

Un lungo, nero jogger entra flessuoso dalla strada per
tuffare il volto nell’acquaio, e io guardo la stanza
mutarsi in dolce, umida giungla. Accalcati presso
l’amazzone alla bocchetta dell’acqua, storciamo il naso
come bufali o gnu, sbuffiamo, sradicando
partner nell’afa. Voglio farmi ogni cosa che si muove
in questo posto. Voglio giacere nello sterco secco
e nella polvere e torcermi per sfregarmi la schiena. Voglio
stiracchiarmi, e muovermi furtiva, e impigrire nell’ombra.
— da The Laundromat di Dorianne Laux

Quando lesse la poesia a un pubblico
di forse centocinquanta scrittori,

per lei era già cosa superata, scritta qualche
anno prima, in circa due minuti un mattino

prima dei suoi trent’anni, impercettibile
evento che quando accadde le creò

imbarazzo pure il ricordo per un giorno
o due fu davvero piacevole, ma poi svanì

o s’inabissò giù nelle profondità della
memoria là dove solo i sogni riuscivano a scovarlo –

oppure l’occasione di scrivere qualcosa,
che era ciò che per lei era diventato il desiderio
ora che era madre, con tantissimo da fare
il giorno intero, e quel furfante che non aveva tempo

per lei se non al mattino presto quando si faceva vivo
mentre lei sorseggiava il caffè, e sedeva con lei

al vecchio tavolo, in cucina, canticchiando piano
mentre lei si trastullava con una poesia, che fu quando

quella cosa sorse dal nulla in lei e divenne
parole a lapis su block-notes, cassata e segnata

come una ragazzina che si fosse gingillata invece
di fare i compiti, e la riportava indietro a come

si era sentita quel giorno, quando arrossì dei suoi
pensieri, ma era anche come se si fosse inventata

tutto, né era certa che valesse la pena conservarla,
e però la digitò al computer, e la cambiò

finché non ci fu più niente da cambiare,
e infine la pubblicò, e fu così che

divenne ufficialmente una poesia: le piacque
messa a stampa, fa nulla se non era

Prufrock o The Bridge o anche This Is Just
to Say, fa niente se diceva ciò che lei sapeva

di non aver mai detto a voce alta o se non era
quanto davvero accadde: Era la sua più audace

verità, e stava là, proferita per sempre
e incancellabile. Così, quando la lesse

a tutti quegli scrittori, e uno di loro si alzò
appena lei, con calma, ebbe scandito le parole

Voglio farmi ogni cosa che si muove, e lasciò
la stanza, lei non esitò, mantenne la voce

così ferma che pareva non l’avesse neppure
visto, ma lo aveva visto, conosceva lui, le sue poesie,

aveva appreso da lui quasi fosse stato un suo maestro,
e in quel preciso momento seppe che poteva

affermare senza ombra di dubbio di essere
un poeta, e per Dio era davvero elettrizzante che

accadesse mentre quella poesia le fluiva
sulla lingua, dalla bocca, fuori per tutti

quegli scrittori seduti lì ad ascoltarla –
sebbene qualcosa dentro lei volesse gridare,

al vecchio, che per il prato si allontanava
da lei, volesse raggiungerlo, prendergli

il braccio, e dirgli, Ehi, fratello, dai, non te la
prendere, è solo una scemenza che ho inventato.
traduzione Angela D’Ambra

L'autore

David Huddle

David Huddle è nato a Ivanhoe, Virginia, nel 1942. Ha frequentato, abbandonato gli studi e – dopo aver prestato servizio nell’Esercito degli Stati Uniti (1964-1967) nella guerra del Vietnam – si è infine laureato presso l’Università della Virginia (1968). Ha conseguito un MA in English Writing all’Hollins College (1969) e un MFA alla Columbia University (1971). Della sua istruzione dice, “Non avrei potuto diventare uno scrittore senza i due corsi di scrittura accademica che ho frequentato. Avevo bisogno di quel tempo per riuscire a credere che potevo essere uno scrittore, di persone mi trattassero come se fossi uno scrittore. “Da allora, David Huddle ha edificato un imponente corpus di libri, tra cui due romanzi, quattro raccolte di racconti, cinque libri di poesia, e varie novelle e saggi. I suoi scritti sono apparsi in Esquire, Harper, The New York Times Magazine, Playboy, Ploughshares, Story, e Best American Short Stories. Il suo romanzo The Story of a Million Years (1999), è stato scelto come Best Book of the Year dal Los Angeles Times Book Review e nominato romanzo emerito d’esordio da Esquire.
“Amo le buone frasi,” dice Huddle. “Sono avido di buone frasi, come lettore e come scrittore.” Questa passione per la scrittura raffinata gli ha procurato due incarichi di ricercatore dal National Endowment for the Arts e cattedre nelle équipe dell’Università del Vermont, del Middlebury College’s Bread Loaf School of English, e del programma low-residency del Master of Fine Arts della Pacific Lutheran University.
David Huddle ha iniziato a insegnare all’Università del Vermont nel 1971, incarico che ha lasciato nel 2009. Attualmente Professore emerito in visita di Scrittura Creativa presso la Hollins University, Huddle insegna anche alla Bread Loaf School of English e al The Rainier Writing Workshop.
Oltre ai due romanzi, una novella, cinque raccolte di racconti, ha pubblicato un volume di saggi dal titolo The Writing Habit. La University Press of New England ha anche pubblicato nel 1994 A David Huddle Reader. Le raccolte di poesie di Huddle sono Paper Boy (1979), Stopping by Home (1988), The Nature of Yearning (1992), Summer Lake: New and Selected Poems (1999), Grayscale (2004), and Glory River (2008). Ha scritto un romanzo intitolato Nothing Can Make Me Do This e una raccolta di poesie dal titolo Blacksnake at the Family Reunion (2012)