Tutti i romanzi di Adrian Bravi sono stranianti specialmente per la presenza di personaggi che sono tutt’altro che eroi e che quindi tradiscono le aspettative di lettura. Ciascuno di noi vorrebbe ritrovarsi in un personaggio della narrazione letta e proprio per questo si aspetterebbe di poter immedesimarsi in un eroe perché vorrebbe che il proprio percorso di vita possa essere simile a quella di un eroe, per il lavoro che svolge, per come tratta la propria moglie, bene o male, per come educa i figli, per il rapporto con la società e la natura. Ad esempio, Marcovaldo di Calvino è un eroe anche solo per come riesce ad osservare la natura più degli altri.
I personaggi di Adrian Bravi non hanno nulla di questo anche perché alla fine risultano quasi sempre degli sconfitti.
In questo romanzo qualcosa di diverso accade e vediamo perché.
Intanto il protagonista vince una causa che gli era stata intentata e non è cosa da poco. Già in questo incomincia ad essere un eroe. Riesce a far innamorare di sé una giovane donna. Un secondo atto di eroismo. La quasi totalità dei romanzi di Bravi vedono un rapporto precario fra il personaggio principale e le donne.
In questo romanzo il tema di per sé è poi basato sull’eroicità.
Chi sono stati nella storia i levitatori? Da una parte una sorta di fachiri appartenenti alla cultura spirituale religiosa dell’Oriente, ma dall’altra persone di cultura occidentale ritenuti santi perché avevano questo dono, capacità, questa singolare padronanza del proprio io.
Non poche volte Anteo Aldobrandi si paragona a santi che hanno avuto questo dono, e se questi l’hanno ricevuto per la loro socialmente riconosciuta santità, perché per essere santi si deve essere eroi per la fede, per quale motivo il protagonista del romanzo ha ricevuto questo dono? Non è dato saperlo perché non c’è descrizione di alcun gesto che possa far risalire ad atteggiamenti o vissuti da santo.
Un indizio è possibile ricavarlo dalle vicende del romanzo. Nel bel mezzo della causa contro la sua ex moglie, Anteo perde questa facoltà. Che cosa produca l’assenza momentanea di questo dono? Sembrerebbe il disequilibrio fisico psicologico dato dalla controversia.
La facoltà, allora, di poter levitare dipende da assenza di conflitto interiore, da una serenità presente nella dimensione psicologica. Siamo di fronte ad un francescanesimo o alla dimensione di Santa Teresa del Bambin Gesù.
Sarebbe qualcosa alla portata di tutti se si avesse quell’equilibrio psicologico di Anteo? Ciascuno di noi sa che è impossibile anche se auspicabile e desiderabile. Questo elemento marca ancor di più la distanza fra il protagonista di questo romanzo e quello degli altri. Il non eroe è comunque alla nostra portata. Ciascuno di noi vorrebbe essere un eroe, ma poi nella concretezza si evidenzia in noi il non eroe. Quindi i protagonisti degli altri romanzi ci appartengono, sono dentro di noi. Il levitatore no. Il levitatore è al di fuori della nostra portata.
Anteo è un eroe irraggiungibile che non può né essere interiorizzato, né imitato. Può essere solo venerato.
Ancora una volta il romanzo di Adrian deve essere letto perché come tutti i testi di valore pone delle domande a cui ciascuno di noi è invitato a riflettere.