Interviste Supplementi

Intervista. Ron Kubati

INTERVISTA DI RON KUBATI, DICEMBRE 2000:

– 1. Due parole sulla Scuola Sagarana che ha fondato e di cui è presidente.

La Scuola Sagarana, con il suo corso Master di formazione di scrittori di narrativa di due anni di durata, è stata creata soprattutto per dare un contributo a ristabilire certe priorità riguardo alla scrittura e al ruolo dello scrittore, molto deformati e commerciali nell’Italia di oggi. Scrivere narrativa, secondo me, non è solo un “divismo”, ma una sorta di sacerdozio e di missione. Almeno, così è stato nel mio continente d’origine negli ultimi trenta o quant’anni. Per questo, nella Sagarana, al contrario delle altre scuole del genere in questo paese, su scrive sul serio, per cambiare le cose attraverso la scrittura, e si studia anche Filosofia, Etica della Narrativa, Miti e archetipi, Storia del teatro e storia del cinema, oltre a tutti i laboratori specifici di ogni area. Vi inviterei a conoscerla più dettagliatamente consultando il sito Internet www.sagarana.com .

– 2. Lei è ideatore dell’evento “Scrivere oltre le Mura”. Non conosco l’evento, ma non pensa che bisognerebbe stare attenti anche al rischio di scivolare nella retorica anticonformista (il concetto di “oltre”)?

Questa domanda, nel modo come è stata formulata, non ha alcun senso. Se noi siamo appunto studiosi delle retoriche, come potremmo cadere ingenuamente in una di esse? Soprattutto nel discorso “anticonformista” che, se come atteggiamento generale è necessario, come retorica è piuttosto adolescenziale. No. La parola che hai menzionato, “oltre”, è stata usata soltanto perché Lucca ha le sue mura intatte, è una città chiusa dentro le mura, e siccome tutti gli scrittori che sono venuti a insegnare qua durante i tre anni dell’evento, e anche gli altri giovani scrittori che sono venuti ad’imparare qualcosa da loro ( più di 300 di tutte le parte del mondo di lingua italiana, Svizzera compresa) venivano da “oltre le mura”, abbiamo trovato bello usare questa immagine come nome dell’evento stesso.

– 3. Lei è stato (’93-’95) assessore giuridico del Centro Brasiliano di Difesa dei diritti del bambino e dell’adolescente (CBDDCA). Quale lavoro poteva svolgere concretamente il vostro centro? Può dirci due parole su questa sempre sanguinante piaga?

Parte del lavoro che ho svolto nello CBDDCA, come avvocato dei Diritti umani, è stato quello di proteggere l’incolumità fisica dei bambini “de rua” che avevano sopravvissuti alla stragge – il tristemente famoso “Massacre da Candelária”, a Rio de Janeiro -, avevano presenziato il delitto contro loro e i suoi amici, e avevano visto il volto dei loro assassini. Con forte probabilità loro sarebbero ammazzati dagli stessi sospetti prima di poter depporre in Giudizio – la pratica cosidetta di “bruciare gli archivi” – ma il nostro Centro di Difesa è riuscito a prottegere loro fino in fondo, nonostante le minacce giornaliere, e così loro hanno testimoniato e gli esecutori (ma non i mandanti, purtroppo) sono stati arrestati e condannati.

Il problema dei “meninos de rua” in Brasile e in tutta America Latina oggi è conseguenza di una società profondamente ingiusta, che concentra il reditto in poche mani al posto di distribuirlo in modo più equilibrato, una società che non si è ancora reciclata dopo la fine ufficiale della schiavitù nell’Ottocento e le cui deformazione etiche e istituzionali sono ancora peggiorate dopo l’avvento del cosidetto “neoliberalismo”, una rovina assoluta e senza scampo per le popolazioni del Sud del mondo.

– 4.Veniamo alla foresta amazzonica. Quali sono le sue attuali condizioni?

Il problema della foresta Amazzonica continua ad aggravarsi. Ma anche gli europei che fanno questa sorta di domanda dovrebbero prima consultare la loro coscienza e capire che in questo caso la loro motivazione è piuttosto egoistica, perché non includono mai l’elemento umano locale (decine di milioni di esseri umani che ci vivono) nelle loro preoccupazioni. La domanda le esclude, le ignora semplicemente. Importa a loro solo la qualità dell’aria dell’intero “mondo” che la distruzione della foresta potrà comportare, ossia, la parte del problema che gli riguarda. Per questo, il movimento ecologico di avanguardia in Brasile (e non solo lì) oggi non è più l’ambientalismo deserto di uomini, la natura bellamente salvata dopo una “bomba di neutrons”, che potrebbe annicchilire solo gli esseri umani purché lasci intoccate tutti gli altri elementi che producono l’aria pura, bensì l’Ecologia Sociale, che include l’uomo nell’equazione. Bisogna essere molto chiaro su questo. L’Amazzonia, oggi, è un’area molto popolata, popolata da persone povere, i discendenti degli imigranti “nordestinos” e degli indios, e quella gente deve pur mangiare. E allora? Gli italiani dovevano conoscere meglio un grande uomo, uno dei pochi veri martiri che il Ventesimo secolo ha dato alla Storia, Chico Mendes, morto in difesa della foresta e della sua gente – una “morte anunciada” proprio come nel romanzo di Marquez. Il problema della Amazzonia non è il problema di un “giardino” a rischio, ma quello di un continente a rischio, come è a rischio anche l’Africa e il Sudeste asiatico. Gli “ecologisti” europei saranno disposti a fare questo salto di qualità concettuale?

L'autore

Ron Kubati