La silloge poetica di Khrystyna Gryshko va analizzata su molteplici piani. Un primo e più significativo oltre che più impressionante è dato dal contenuto proposto, un secondo, invece, riguarda l’aspetto metrico che assume sempre più senso e significato man mano che ci si inoltra nella lettura delle poesie.
Incominciamo dal primo aspetto. Non c’è quasi una poesia che abbia un minimo di esito, di senso positivo. Quasi tutte quante esprimono sfiducia in sé, negli altri, nel destino, nel mondo. Anche l’amore non sfugge a questo pessimismo totale. Già l’aperura della silloge è estremamente significativa “Qui non c’è pace, ma angoscia/ con ascia” e qualche verso più avanti “Qui io sto e vedo tutto/ brutto”. Chissà se in questo accumulo di pessimismo non abbia giocato la difficoltà di essere accettata come straniera. “Io ero giovane immigrata/ma ora sono quel che sono”…”Non avevo un nome, sapete?/ Ero ‘UCRAINA DI MERDA!’”…”Ero triste e lentamente/dentro me nasceva un pensiero/ di libertà: morte./ Suicidio leggero/con il phon nella vasca./Non avevo paura,/ ma non ero sicura/ che Dio mi avrebbe perdonata./ Così sono restata/ ‘UCRAINA DI MERDA’”. Anche nei confronti della terra d’appartenenza manifesta il doppio sentimento di delusione per aver dovuto andar via perché priva di speranze, ma contemporaneamente prova un senso di colpa per averla abbandonata, non aver condiviso la sua storia. La stessa scrittura non ha la possibilità di redenzione e di salvezza come, invece, accade in quasi tutti gli scrittori. “Io insegno quello che vedo/ quello che sento/ ma il vento/ dice: ‘Non credo’!”…”Perdo sangue sulle tele/ ignobili del mondo”…”Io, Montagna, non crollo ancora,/ in malattia scrivo./ Quando meno vivo, scrivo!/ Anche se non creo guarigione…”.
La capacità taumaturgica della scrittura viene negata o almeno messa in dubbio.
L’universo stesso è associato a questo pessimismo. “Fuori dalla mia mente/ ci sono stelle/ che brillano forte./ Ma anche stelle/ conosceranno morte!”.
Il rapporto anche solo conoscitivo con altro è impossibile. “La tua rosa per me è un pugnale,/ una sciabola è il tuo giornale./ Tua sarta è un’assassina/ della mia vita piccolissima.” Diventa quasi impossibile: “Sei giunto in ritardo/ con la tua valigia / di memorie./ E poi hai amato / le mie storie,/ forse più di me…”. La poeta stessa pone degli ostacoli a che altri si avvicinino: “Non sono fatto d’argilla/ ma ossa pungenti.”
Vorrei poi sottolineare come molto spesso l’incontro con l’altro, lo stesso fatto amoroso è intriso di violenza.
Molto spesso c’è il richiamo al sangue, anche sotteso nel rapporto sessuale. Mostro alcuni versi a dimostrazione di quest’assunto. “”perdo sangue sulle tele/ del mondo./ Mi fondo col rosso/ dei papaveri in fiore.”…”contro il sangue che defluisce/ via da me come fiume della montagna.” “Ammetto, so dire bugie molto bene,/ da Oscar recito nella realtà/ che con la sua crudeltà/ mi taglia vene/ della speranza.”. Ancora più raccapricciante sono questi versi: “Fruga/ una donna in cerca di pane/ con mani insanguinate,/ le dita tagliate/ in casa non sua.” Abbiamo già fatto presente alcuni versi della poesia Tagliente in cui questo verso è emblematico “Perdi sangue ovunque vai”. Ed ancora nella poesia sanguino: “Macchio tutto di rosso”.
Qualche aspetto positivo è possibile riscontrarlo in qualche testo quando la memoria la riporta al suo rapporto con la natura. In Ricordi di campagna, questo rapporto finalmente appagante, fa capolino. Formiche, grilli, pulcino “da me erano amati/ e questo amore resta/ fra le grate/ del petto”. Si noti come la positività dei versi sia attenuata dal termine “grate”, che riporta immediatamente alla mente a qualcosa di negativo. Un’altra composizione ove è possibile scorgere elementi di positività è nel testo La femminilità: “La femminilità è un vaso/ vuoi di fiori, vuoi di ramoscelli”…”la femminilità è guardare un bambino/ non tuo e volerlo proteggere lo stesso”. Ancora in Non aver paura ove sembra riscattare anche la possibilità di un rapporto positivo con l’altro: “Non temere, se vuoi sarai mio,/ fin quanto vorrai e non sarai mia ghiaia.”
Il secondo aspetto che volevo mettere in evidenza è la ricerca della rima. Khrystyna Gryshko appena può inserisce rime, vi cerca più che assonanze o consonanze, proprio rime. “Qui non c’è pace, ma angoscia/ con ascia/ …”l’anima che si affloscia/” Oppure: “Ho sognato un sogno reale./ Com’è possibile, non è normale?/Invece sì, è ovunque ma non sapete/ né chi votare né cosa volete./ Pensate davvero che scrivono soli/ i loro discorsi politichesi?/ Loro sono solo dei soli/ ma dietro ci sono i borghesi/ che pesano, non brillano,/ scrivono, battono su tastiere/ come musicisti”. Sono solo degli esempi perché tutta la silloge è impregnata di questa struttura
La poeta cerca di mantenere costante un richiamo di rime e un andamento strutturale fino a che è possibile, ma non riesce nel suo intento fino in fondo. C’è senz’altro un lavoro e ricerca di tutto rispetto insolito nella poesia dei nostri giorni ove predomina il verso libero.
Tuttavia qualche dubbio sorge che a volte la rima abbia dettato il senso e non viceversa. Ad esempio: “Nonno, ti credevo immortale,/ ma la morte animale/ grido ha emesso/ verso te.” È la morte animale o è il grido animale? Sia nell’uno che nell’altro caso il termine animale lascia un po’ dubbiosi sulla sua opportunità. Forse ancora più significativamente in questa poesia sembra che la rima abbia poi dettato il senso: “….”Voglio trovare un senso nell’insensato;/ forse questo è un crimine processato/ senza un processo giudiziale,/ con gli occhi chiusi l’animale/ mi mette la catena al collo/ mentre cammino e barcollo”. Viene il dubbio che gli ultimi due versi siano stati dettati dal termine animale che è stato rintracciato perché faceva rima con giudiziale.
Usare metrica in poesia non è sufficiente perché bisogna anche cavalcarla con i metri che allora danno una solida struttura. Ma non è da tutti. Nella letteratura italiana sotto questo aspetto è stata raggiunta un’altezza forse insuperabile che tutte le letterature hanno poi imitato, là dove hanno saputo e potuto. Parlo del sonetto che nella sua eleganza metrica e del metro, nella sinteticità dell’esposizione del contenuto non ha rivali.
12 maggio 2020