Recensioni

Le quinte dei giorni

Scritto da Raffaele Taddeo

Il titolo ammicca a un testo che vuole porsi anche come testo teatrale. I personaggi sono essenzialmente tre: un padre, una madre e un ragazzo piccolo. La scena è quasi sempre una sola: la casa della famiglia. Ma anche i dialoghi sembrano fissi, anzi è quasi sempre un monologo dato dalle invettive di scherno del marito nei confronti della moglie. Ora la ridicolizza, ora la ritiene un’incapace. Questa donna è completamente denigrata.

Ciò che però distanzia il testo da una scrittura teatrale è dato dalla conclusione, che sembra portare, dopo momenti di speranza, ad una persistenza della tematica. Un testo teatrale non può non portare ad una sorta di immedesimazione con i personaggi che sono sulla scena.

Anche nello stesso teatro brechtiano, che cerca di far usare la testa piuttosto che il cuore, si arriva comunque poi ad un rapporto assimilativo nella volontà di sposare il senso di giustizia.

Nel romanzo di Barbara Serdakowski nessuno, di un ipotetico pubblico di teatro, desidererebbe essere nelle vesti di uno dei personaggi, una da compassionare e l’altro da vituperare.

Ma, le quinte dei giorni non è neppure un romanzo. Una narrazione è comunque uno svolgimento. Bachtin diceva che il romanzo è la forma letteraria tipica della borghesia, che ha come fine ultimo quello della ricerca continua della libertà specialmente economica. In sostanza la borghesia è in continua ricerca e quindi in continuo cambiamento. In questo testo della Serdakowski predomina invece la staticità, l’immobilità, anche quando viene introdotto un elemento insolito che, come, insegna Prigogine, avrebbe dovuto rimettere in agitazione il sistema.

Le quinte dei giorni ritengo che sia, invece, un lungo racconto epico. Racconto per la poca numerosità dei personaggi ed epico per la staticità dei personaggi. Un racconto epico ha proprio la caratteristica di fissare l’animo e il comportamento dei protagonisti, che non si modificano, anche se ci insegnano qualcosa.

IL testo si legge con molta curiosità ed attesa perché si spera sempre che qualcosa avvenga. Si spera sempre che Sara, il personaggio femminile, possa riscattarsi, possa ritrovare un minimo di forza per opporsi. D’altra parte, si teme sempre che Ugo, protagonista maschile, possa diventare violento ed arrivare al femminicidio, perché la psicologia del “marito” padrone porta poi alla violenza.

Alla fine, il romanzo lascia un amaro in bocca che non riesce ad essere compensato da nulla se non distaccandosi e prendendo le distanze dai personaggi. I personaggi sono ben delineati.

Ma, l’importanza di questo testo, che fa molto riflettere, è dato dalla volontà di far emergere un male sociale  di cui non riusciamo neppure a vergognarci. In Italia, ma non solo, forse in Occidente è ormai una calamità naturale il fenomeno del femminicidio, ma, in genere, il maltrattamento delle donne da parte maschile. Questo problema è solo la punta di un iceberg del profondo disagio del maschio. Questi, che fino a solo pochi decenni fa dominava in tutto e da per tutto, ora viene messo in discussione. Come accade in questi casi, avviene un colpo di coda purtroppo molto doloroso per il genere femminile. Questo romanzo fa emergere quella massa di ghiaccio che la punta dell’iceberg non riesce più a nascondere. Un ghiaccio consolidato richiede tempo perché passi allo stato liquido e quindi ci vorrà tempo perché la cultura della supremazia maschile muti e tutti si riconoscano  appartenenti all’umanità ove non c’è un genere dominante, ma sono tutti uguali ed hanno gli stessi diritti, gli stessi doveri, la stessa capacità di incidere nella società per migliorarla riconoscendo che ogni forma di aggressività è una meschinità e non una forza. 

ottobre 2021

L'autore

Raffaele Taddeo

E’ nato a Molfetta (Bari) l’8 giugno 1941. Laureatosi in Materie Letterarie presso l’Università Cattolica di Milano, città in cui oggi risiede, ha insegnato italiano e storia negli Istituti tecnici fin dal 1978. Dal 1972 al 1978 ha svolto la mansione di “consulente didattico per la costruzione dei Centri scolatici Onnicomprensivi” presso il CISEM (Centro per l’Innovazione Educativa di Milano). Con la citata Istituzione è stato coautore di tre pubblicazioni: Primi lineamenti di progetto per una scuola media secondaria superiore quinquennale (1973), Tappe significative della legislazione sulla sperimentazione sella Scuola Media Superiore (1976), La sperimentazione nella scuola media superiore in Italia:1970/1975. Nell’anno 1984 è stato eletto vicepresidente del Distretto scolastico ’80, carica che manterrà sino al 1990. Verso la metà degli anni ’80, in occasione dell’avvio dei nuovi programmi della scuola elementare, ha coordinato la stesura e la pubblicazione del volumetto una scuola che cambia. Dal 1985 al 1990 è stato Consigliere nel Consiglio di Zona 7 del Comune di Milano. Nel 1991 ha fondato, in collaborazione con alcuni amici del territorio Dergano-Bovisa del comune di Milano, il Centro Culturale Multietnico La Tenda, di cui ad oggi è Presidente. Nel 1994 ha pubblicatp per il CRES insieme a Donatella Calati il quaderno Narrativa Nascente – Tre romanzi della più recente immigrazione. Nel 1999 in collaborazioone con Alberto Ibba ha curato il testo La lingua strappata, edizione Leoncavallo. Nel 2006 è uscito il suo volume Letteratura Nascente – Letteratura italiana della migrazione, autori e poetiche. Nel 2006 con Paolo Cavagna ha curato il libro per ragazzi "Il carro di Pickipò", ediesse edizioni. Nel 2010 ha pubblicato per l’edizione Besa "La ferita di Odisseo – il “ritorno” nella letteratura italiana della migrazione".
In e-book è pubblicato "Anatomia di uno scrutinio", Nel 2018 è stato pubblicato il suo romanzo "La strega di Lezzeno", nello stesso anno ha curato con Matteo Andreone l'antologia di racconti "Pubblichiamoli a casa loro". Nel 2019 è stato pubblicato l'altro romanzo "Il terrorista".

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